venerdì 2 settembre 2016
Così aumenta lo «spread» tra famiglia ideale e reale. I rischi globali e locali delle tendenze demografiche.
 In un mondo di culle vuote un futuro «arido»
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Qual è il numero ideale di figli? Dipende. Dipende dalle famiglie, dal contesto in cui si vive e da una combinazione di fattori culturali, sociali, economici. Se però si chiede alle persone quanti figli vedono nella propria famiglia ideale, c’è un dato che emerge nettamente: nei Paesi più 'ricchi' la cifra è sempre superiore alla realtà, in quelli più poveri è l’opposto. A portarlo alla luce è un sondaggio condotto in 19 Paesi dall’Economist ( Titolo: The empty crib, La culla vuota, tinyurl.com/hmojedu ). Le cifre si prestano a diverse considerazioni – specialmente nel momento in cui in Italia è scoppiata la polemica attorno alla campagna per il «Fertility day» promosso dal ministero per la Salute. 

 La crisi, innanzitutto, ha influito sulla crescita del divario tra famiglia ideale e reale, eppure è specialmente nelle economie avanzate che le coppie patiscono una compressione del desiderio di genitorialità, tanto che ci si potrebbe chiedere in che cosa consista veramente la maggiore 'ricchezza'. In Occidente si desiderano da più di 2 a 2,7 figli a coppia in media, ma ci si deve accontentare di molti meno, con Paesi come Germania, Grecia, Spagna o Russia dove la realtà spinge sotto il tasso naturale di sostituzione della popolazione. L’Italia non è citata, ma il Rapporto Giovani dell’istituto Toniolo ha già mostrato che il tasso di fertilità di 1,35 figli che caratterizza il nostro Paese è almeno la metà di quello che si desidera.

L' assottigliamento della dimensione della famiglia e il declino della popolazione, insomma, appartengono alla sfera della mediazione con la realtà. È un tema importante per le società che si interrogano sul legame tra ricchezza e felicità. Intervistando i cittadini americani sempre l’Economist ha scoperto che il 39% di chi ha avuto più figli di quelli che si aspettava ha visto aumentare la propria soddisfazione di vita mentre solo l’8% si è detto meno contento. Per contro, avere meno figli rispetto alle attese appaga solo il 15% degli intervistati. Una considerazione che verrebbe da fare riguarda il racconto della famiglia proposto nelle società occidentali: se una prole più numerosa del previsto rende più felici forse significa che la riduzione delle aspirazioni non è dovuta solo a questioni economiche, che pure incidono, ma anche a fattori come l’autostima, l’insicurezza, la solitudine, la paura di non farcela.

Mentre nei Paesi ricchi la famiglia è sempre più piccola dell’ideale, in quelli in via di sviluppo avviene il contrario. In Nigeria le coppie pensano che il meglio siano 5,4 figli, ma la realtà dice 7,7, in Pakistan 3 figli ideali contro 4 reali, in India 2 contro 3. Casi limite a parte, quello che emerge tra i Paesi il cui sviluppo si può dire in corso, in Africa come in Asia e Sudamerica, è però un altro aspetto: la contrazione sempre più decisa della dimensione dei nuovi nuclei familiari e l’aumento delle difficoltà riproduttive delle giovani coppie, a causa dell’urbanizzazione, delle carriere, dei costi più alti nella crescita dei bambini, del ritardo nel concepimento, di fattori come il fumo, l’alcol, l’obesità. I cinesi ritengono ideale una famiglia con due figli, ma il tasso di fertilità è sceso all’1,6%. Per questo si dovrebbe essere prudenti nel parlare di esplosione della popolazione sulla terra. Le previsioni dell’ultimo rapporto del Population Reference Bureau ( tinyurl.com/zlpttrm ) dicono che entro il 2053 nel mondo potrebbero esserci 10 miliardi di persone, ma chi grida all’allarme non considera che raggiunto quel picco il vero problema sarà rappresentato dall’età della popolazione e dal fatto che nasceranno sempre meno bambini.

Famiglie più piccole in un mondo che invecchia non sono una buona notizia. Il legame tra la struttura della popolazione e la crescita economica è questione nota. E la tendenza demografica negativa che riguarda l’Europa è oggetto di analisi preoccupate da parte di tutte le agenzie internazionali e dei maggiori centri studi. Il calo delle persone attive e l’aumento dell’età media frenano le prospettive di crescita, alimentano la deflazione e fanno salire i costi che gli Stati devono sostenere per pensioni e sanità, mettendo a dura prova i sistemi di welfare e generando tensioni politiche interne. Pur tenendo conto dell’immigrazione, oggi la demografia rappresenta un grande ostacolo alla crescita in Europa, e in particolare in Italia. Aumenti della produttività grazie all’innovazione tecnologica possono compensare in parte questo deficit.

Nella realtà, e purtroppo per noi, come mostra una recente ricerca condotta da tre economisti del Fondo monetario internazionale (Shekhar Aiyar, Christian Ebeke e Xiaobo Shao, The Euro area workforce is aging, costing growth, tinyurl.com/hwj59oy ) l’aumento dell’età della manodopera rappresenta un grosso freno al miglioramento della produttività, fino a un quarto del suo potenziale. L’allarme del Fmi riguarda tutta l’Europa, perché ha una dinamica migratoria meno efficace di quella degli Stati Uniti, ma in particolare i Paesi più fragili dell’area euro: Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. Per far fronte a questo problema il Fmi consiglia investimenti in formazione professionale e cure sanitarie per sostenere una classe di lavoratori che sarà sempre più anziana. Ma con quali risorse? I l tema dello spread tra famiglia ideale e famiglia reale, insomma, è una questione molto seria. Un problema comune.

Ci sono aspetti legati al soddisfacimento dei desideri più autentici e profondi delle persone e questioni che attengono alla dimensione economica e allo sviluppo. La sfida, cioè, riguarda tanto il Prodotto interno Lordo quanto indicatori che valutano il benessere equo e sostenibile di un Paese. Per fare un passo avanti l’Italia avrebbe bisogno di disincrostare il dibattito sulla famiglia e sui figli, trovando il linguaggio più adatto a un confronto sereno. Ma anche seppellendo quel fastidioso vizio di riesumare ogni volta la campagna fascista che spingeva a fare figli per la patria; evitando confusioni col piano ben diverso della lotta alla povertà; e poi superando la visione che considera la famiglia con prole questione esclusivamente cattolica, mentre in realtà riguarda tutti.

Non è più il tempo di un Paese in cui a confrontarsi sono un’area politica che, almeno a parole, si presenta schierata per 'la' famiglia e una che all’opposto parteggia per 'le' (altre) famiglie. O persone che considerano i figli un patrimonio che non necessita di sostegni economici, e altre che tifano per la dissoluzione dei legami incentivando stili di vita individualistici. C’è un valore razionale nel rendere prioritario il tema dei figli. Il mondo, come hanno dimostrato la storia e le innovazioni che l’uomo ha saputo introdurre, può ben sopportare una popolazione di 10 miliardi di persone. Il problema si porrà se quei 10 miliardi saranno tutti anziani e soli.

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