giovedì 21 maggio 2015
​Conferenza stampa del presidente della Cei al termine dell'Assemblea generale.
"Vicinanza e accoglienza": il comunicato finale | TESTO
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Dalla riforma della scuola al mercato del lavoro, fino al ruolo della famiglia nella società italiana. Sono tanti, e caldi, gli argomenti toccati dal cardinale Angelo Bagnasco nella conferenza stampa a conclusione della 68ª Assemblea generale della Cei, di cui è presidente. Famiglia “La tenuta della società non dipende dalle buone leggi, ma dipende dalla famiglia, scuola primaria e palestra fondamentale in cui i suoi componenti imparano a capirsi, conoscersi, sostenersi, aspettare i tempi degli altri”. Ne è convinto il cardinale Bagnasco, che rispondendo a una domanda su un eventuale esito positivo al referendum in Irlanda sulle nozze gay. ha ricordato una frase di Papa Francesco: “Se si indebolisce la famiglia, si indebolisce la società”. Riguardo al referendum irlandese non bisogna chiedersi, dunque, “cosa comporta per il Vaticano - come gli era stato domandato dal giornalista - ma cosa comporta per la famiglia”. “Se la famiglia, come sempre si sente dire - ha argomentato il presidente ella Cei - è basata sul matrimonio, è il fondamento, il principio originario della società e dello Stato, tanto che tutti riconoscono che prima c’è la famiglia e poi lo Stato: se questo è vero, qualunque assimilazione di nuclei, di rapporti umani, all’istituto familiare, alla realtà familiare, non fa bene alla famiglia ma non fa bene alla società”. “La famiglia non è soltanto il grembo naturale della vita - ha ricordato Bagnasco - dove la vita viene accolta, generata, procreata, ma anche la prima e fondamentale scuola di società e di socialità, di virtù umani e civili”. “Se si spegne questo, nel dialogo tra le generazioni e i generi, la società ne riflette negativamente”, ha concluso il cardinale.   Scuola “Non dobbiamo farci prendere dalla fretta, per arrivare in fretta a concludere” sulla scuola. È l’invito del cardinale in merito alla riforma della scuola. A suo avviso per riforme del genere ci vuole “un tempo più disteso, non con l’acqua alla gola: un tempo dove ci sia maggiore possibilità di riflettere, che è premessa per risultati migliori”. “Se poi ci fossero - ha precisato subito dopo - all’interno di interventi di settore, urgenze che si possono risolvere in tempi più brevi, nulla toglie che si possano scorporare” per dare corso subito alla loro attuazione. Etica pubblica e nuove leggi “Senza etica pubblica non si fano buone leggi, e le buone leggi non servono se non si osservano”, ha sottolineato Bagnasco. Interpellato su un eventuale pronunciamento dei vescovi in merito alle prossime elezioni, l'arcivescovo di Genova ha ricordato che “richiamare l’opinione pubblica e chi ha la responsabilità della cosa pubblica è doveroso per chiunque”. È una responsabilità che “tocca anche ai pastori e alla Chiesa”. Bisogna “coniugare etica personale ed etica nazionale, di questo c’è gran bisogno”, ha detto il cardinale, che ha ricordato l’urgenza dell’imperativo usato dal Papa durante il discorso di apertura ai vescovi: “Sconfessare e sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata”. Se non si debella la corruzione, ha ammonito il presidente della Cei, “non c’è nessuna organizzazione che tenga”, perché “le istituzioni le fanno, le mantengono e le custodiscono gli uomini”. Lavoro e precarietà “È un bene che si metta in moto il lavoro, che non sia più ingessato, basta però che il prezzo non sia pagato con la mancanza di lavoro o con la precarietà che diventa instabilità”. Bagnasco, in merito al Jobs Act, citando la situazione di Genova, della cui diocesi è arcivescovo, ha esortato a “bilanciare le due cose: un mondo del lavoro più flessibile e un lavoro che non sia precario, cioè insicuro, instabile”. “Il che non vuol dire posto fisso a vita”, ha precisato, ma l’avere un lavoro che offra la possibilità di “progettarsi”.  Il salario di cittadinanza “So che se ne parla molto, con opinioni diversificate”, ha detto il cardinale rispondendo alle domande dei giornalisti in merito al salario di cittadinanza che in alcuni nostri territori si sta sperimentando. “Guardo ad altri Paesi del Nord Europa, dove questa forma è presente - ha proseguito il cardinale - e dove ci sono risultati positivi, in Paesi ben più ricchi e benestanti di noi, dove però - ha precisato - questa formula non garantisce nessuna forma di assistenzialismo, ma una forma di accompagnamento e di sostegno”. “Io credo che nessuno voglia vivere di assistenza”, ha commentato il presidente della Cei, “e che una volta ritrovata la propria dignità, voglia vivere con il lavoro delle proprie mani”.
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