mercoledì 24 aprile 2024
La Corte costituzionale di Bogotà ha dichiarato responsabili degli sfollamenti il cambiamento climatico e alcuni impatti ambientali. L'Unhcr crea un finanziamento globale di resilienza
Un gruppo di sfollati ambientali in un campo profughi somali

Un gruppo di sfollati ambientali in un campo profughi somali - Ansa

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​La Corte costituzionale della Colombia ha riconosciuto il cambiamento climatico e alcuni impatti ambientali (causati da «improvvisi disastri o da processi graduali di deterioramento ambientale») come causa di «sfollamento forzato». I giudici hanno esaminato un ricorso presentato da una coppia di agricoltori che si erano visti costretti a lasciare le loro proprietà a causa delle inondazioni del fiume Bojabá, nel dipartimento di Arauca. Secondo i ricorrenti, l'evento ha impedito loro di tornare a casa e le azioni delle autorità erano state «insufficienti». La Corte ha stabilito che "lo Stato ha una serie di obblighi prima, durante e dopo lo sfollamento dovuto a fattori ambientali". Una decisione considerata senza precedenti in un Paese con milioni di persone costrette a fuggire dalle proprie abitazioni per via del conflitto armato interno.​ Il massimo tribunale colombiano "ha esaminato il concetto di sfollamento forzato dovuto a fattori ambientali e ha sottolineato che questo può essere causato sia da improvvisi disastri ambientali, sia da processi graduali di deterioramento ambientale, come il cambiamento climatico, la deforestazione o l'acidificazione degli oceani", si legge in una nota.

Un fondo Onu di resilenza climatica

Proprio oggi l'Unhcr/Acnur, l'Agenzia Onu per i rifugiati, ha lanciato il Fondo per la resilienza climatica con l'obiettivo di rafforzare la protezione dei rifugiati e delle comunità sfollate che sono maggiormente minacciate dai cambiamenti climatici. Nell'ambito del suo lavoro di protezione e assistenza di oltre 114 milioni di persone costrette a fuggire, l'Unhcr fa sapere in un comunicato che lavora già sulla resilienza delle persone e per ridurre la loro vulnerabilità ai rischi, compreso l'impatto dei cambiamenti climatici. Per la prima volta, il Fondo finanzierà esclusivamente gli sforzi per proteggere le comunità sfollate più minacciate, mettendole in grado di prepararsi, resistere e riprendersi dagli shock legati al clima.

I contributi al Fondo aumenteranno la portata e l'impatto dell'azione climatica, consentendo all'agenzia e ai suoi partner di impegnarsi in progetti legati al clima nei Paesi in cui l'agenzia sta già rispondendo a situazioni di sfollamento forzato legate a conflitti importanti, come Bangladesh, Ciad, Etiopia, Kenya e Mozambico. Inoltre, il fondo aumenterà la disponibilità di risorse sostenibili dal punto di vista ambientale nei contesti di sfollamento, fornendo più energia pulita, ad esempio, per alimentare l'acqua, le scuole e le infrastrutture sanitarie utilizzate dai rifugiati e da chi li ospita. Sosterrà il ripristino dell'ambiente e investirà nella resilienza costruendo rifugi resistenti al clima, sostenendo mezzi di sussistenza intelligenti dal punto di vista climatico e riducendo l'impatto della risposta umanitaria sull'ambiente naturale.

Filippo Grandi, alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha detto che "Gli impatti del cambiamento climatico stanno diventando sempre più devastanti, esacerbando sempre più i conflitti, distruggendo i mezzi di sussistenza e, in ultima analisi, innescando la fuga delle persone. Molti dei Paesi che sono stati più generosi nell'accogliere i rifugiati sono anche i più colpiti dalla crisi climatica. I fondi disponibili per affrontare gli impatti del cambiamento climatico non raggiungono né chi è stato costretto alla fuga né le comunità che li ospitano".
Il Fondo, informa ancora l'Unhcr, darà priorità ai progetti i cui effetti sono percepiti localmente e che coinvolgono le comunità colpite nella loro progettazione e attuazione, oltre ad allinearsi con le strategie climatiche e i piani di sviluppo nazionali. I rischi climatici sono fortemente correlati ai conflitti e alla povertà che affliggono molti rifugiati e altre persone costrette alla fuga. Nel 2022, oltre il 70% dei rifugiati e dei richiedenti asilo è fuggito da Paesi altamente vulnerabili al clima. Circa il 60% delle persone costrette alla fuga e degli apolidi vive in Paesi fragili e/o colpiti da conflitti che sono tra i più vulnerabili ai cambiamenti climatici e i meno pronti ad adattarsi.
Grandi continua: "Riducendo l'esposizione ai rischi legati al clima, garantendo l'accesso a risorse sostenibili e promuovendo l'inclusione, questi progetti miglioreranno concretamente le condizioni di vita, la sicurezza e il benessere dei rifugiati e di chi li ospita. Nello spirito del fondo loss and damage (perdite e danni) attivato alla Cop28- aggiunge l'Alto commissario - l'Unhcr si impegna a sostenere e ad aumentare significativamente i finanziamenti per supportare l'azione per il clima in ambienti fragili".

L'Agenzia Onu mira a raccogliere 100 milioni di dollari per il Fondo entro la fine del 2025, per sostenere i rifugiati, le comunità ospitanti e i Paesi di origine più duramente colpiti dall'emergenza climatica e per promuovere l'inclusione dei rifugiati nelle misure legate al clima adottate a livello nazionale e locale. Il Fondo dovrebbe diventare un canale per i partner per contribuire alla programmazione climatica dell'Unhcr.

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