Vita

MEDICINA. Una speranza per i malati, anche senza Stamina

Francesca Lozito giovedì 17 ottobre 2013
Centroventiquattro pazienti in lista di attesa per ottenere le infusioni di cellule staminali con il metodo Stamina agli Spedali Civili di Brescia, 36 da settembre 2011 a oggi hanno terminato le cure. Dieci tipi diversi di patologie tra cui la Sma, la Sla, la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Niemann-Pick. Una delle argomentazioni usate dai sostenitori di Stamina – ora bocciato dal Ministero della Salute – è che per queste malattie non ci sarebbe nulla. E invece la scienza si muove. I malati di Sma – atrofia muscolare spinale – sono un migliaio in tutta Italia. Si manifesta in diverse forme di cui la peggiore, il tipo 1, porta alla morte entro i primi due anni di vita. Le altre portano disabilità motorie. Enrico Bertini, dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma è uno dei neurologi che sta conducendo in un gruppo di lavoro internazionale una ricerca per la cura della Sma: il trial Trophos. È informato, inoltre sul test Isis, ora negli Usa, ma che a inizio 2014 dovrebbe arrivare anche in Italia. Per entrambi i primi risultati si attendono per la fine dell’anno. «Trophos – spiega – è una molecola che è stata selezionata perché ha dimostrato di ridurre la morte cellulare dei neuroni. Le cellule del motoneurone, che sono quelle danneggiate dalla Sma, trattate con questa molecola sopravvivono». La sperimentazione Trophos si sta facendo in 22 centri dell’Unione europea, Italia compresa. Isis ha una strategia di terapia molto complicata, che si gioca tutta nel dna. Bertini la spiega così: «Isis aumenta la proteina Smn (carente nella Sma) stimolando il gene residuo Smn2 a produrre più proteina Smn. L’azione di questo meccanismo è importante perché l’altro gene Smn1, il principale e più efficiente nella Sma, è colpito dall’alterazione genetica». Dati preliminari sono stati presentati nelle scorse settimane ad Asilomar, in California, al Congresso annuale della Società mondiale delle malattie muscolari con risultati incoraggianti. In luglio l’annuncio: per la leucodistrofia metacromatica c’è una cura. Una vittoria tutta italiana, visto che la notizia viene dal San Raffaele di Milano in collaborazione con la Fondazione Telethon. La speranza è per quei bambini che non hanno ancora manifestato pienamente la malattia ma con uno dei fratellini che l’hanno avuta. In pratica si va a intervenire sui geni del bambino: il virus dell’Hiv, liberato della sua dannosità, diventa come un camioncino che porta nel cervello i geni buoni. «Da luglio a oggi siamo andati avanti – afferma Alessandra Biffi, che guida il gruppo di ricerca del San Raffaele – continuando a seguire i bambini già inclusi nello studio e coinvolgendone altri». Nel mondo ci sono altri due studi sulla leucodistrofia con approcci molto diversi, ma rispetto a quello italiano ancora all’inizio.E’ appena stato approvato da Fondazione Telethon, infine, uno studio sulla sindrome di Niemann-Pick. Una malattia subdola: colpisce il metabolismo a seguito di alterazioni genetiche. Si manifesta nei primi dieci anni di vita e porta alla morte entro i venti. Lo studio vuole indagare i meccanismi molecolari alla base delle anomalie dello sviluppo del cervelletto in questi malati e testare l’efficacia di un farmaco, la ciclodestrina, per contrastarne i sintomi. Nei topi si è visto che la somministrazione precoce di ciclodestrina aumenta significativamente le aspettative di vita. Maria Teresa Fiorenza, della Sapienza di Roma, conduce il progetto: «Si sa molto poco di come la ciclodestrina modifichi lo sviluppo del cervelletto nella Nieman Pick – afferma –. Noi vogliamo caratterizzare i meccanismi cellulari e molecolari che stanno sotto a tale effetto benefico. Recentemente, abbiamo osservato che una singola dose di ciclodestrina somministrata ai topi in un’età corrispondente all’infanzia contrasta le anomalie della struttura del cervelletto».Due risultati importanti infine sono stati annunciati in Italia per la Sla: Angelo Vescovi, ricercatore di Neurothon, in giugno ha annunciato che non è risultato tossico il trapianto di cellule staminali cerebrali sui sei pazienti malati. Mario Melazzini, medico, politico e malato di Sla ha reso noto inoltre di aver trovato il modo per bloccare la malattia usando un chemioterapico e i fattori di crescita dei globuli bianchi per bloccare l’infezione che sarebbe tra le cause scatenanti della Sla e rallentarne il decorso.