Vita

Frontiere. Trapianto di corpo? Ma l'uomo non è un computer

Michele Aramini giovedì 5 marzo 2015
Il chirurgo torinese Sergio Canavero ha annunciato nei giorni scorsi che il primo trapianto completo di corpo al mondo potrebbe avvenire nel giro di soli due anni. Il dottor Canavero è sicuro – forse troppo sicuro – che i principali ostacoli che impedivano l’esecuzione del trapianto di testa, come la fusione della spina dorsale e la prevenzione del rigetto, sarebbero ora sormontabili grazie agli avanzamenti della medicina. La tecnica proposta da Canavero prevede il congelamento della testa del destinatario e della salma del donatore per estendere la sopravvivenza delle cellule senza ossigeno. Il tessuto intorno al collo verrebbe poi sezionato e i principali vasi sanguigni collegati con piccoli tubi. La testa sarebbe poi spostata sul corpo del donatore e le due estremità del midollo spinale verrebbero fuse insieme. A questi passaggi seguirebbe poi un periodo di coma farmacologico e infine una lunga fase di riabilitazione. Nel 1983 questo tipo di sperimentazione era stato fatto dal medico statunitense Robert J. White di Cleveland, che aveva trapiantato la testa a una scimmia, con il risultato di avere una scimmia tetraplegica, che morì poche settimane dopo. In seguito non ci sono stati più tentativi di questo genere e l’ipotesi del trapianto cerebrale, attualmente, ha importanza non tanto per la sua fattibilità ma per il dibattito filosofico che ha suscitato e che ha messo a tema il rapporto mente-corpo nell’uomo. Nel caso ipotizzato da Canavero la continuità sarebbe del soggetto con cervello sano, ma con corpo devastato, che necessita di un nuovo "strumento" per agire. Le domande che i filosofi si pongono sono di questo tipo: la mente umana è completamente indipendente dal corpo, per cui potrebbe tranquillamente essere spostata da un corpo all’altro, così come avviene con una chiavetta per i nostri pc? Oppure la mente umana ha una relazione intrinseca con la corporeità nel suo complesso, per cui il suo trasferimento in un altro corpo potrebbe somigliare al nostro trasferimento in un pianeta nel quale non ci sono condizioni adatte per la vita? La testa avrà la capacità di sentire il nuovo corpo come proprio? La testa, che è anche memoria personale, potrà effettivamente esprimersi, eseguire operazioni con il nuovo corpo? Detto diversamente: siamo di fronte a semplici pezzi di ricambio, che basta assemblare, oppure l’identità dell’uomo verrebbe modificata? Le acquisizioni delle neuroscienze e quelle dell’antropologia filosofica ci dicono della complessità dell’essere umano sotto il profilo biologico e della unitarietà di tutte le componenti. Dimensione fisica, psichica e spirituale sono strettamente connesse: pensiamo a quando si dice "cerca di sentire il tuo corpo". In questo caso di trapianto non abbiamo più la sostituzione di un organo solo ma il tentativo di costruzione o ricostruzione di una persona. Con quali risultati, e quali benefici? Non abbiamo nessuna certezza che questa ricostruzione sia un bene per il soggetto che eventualmente ne verrà fuori. Già solo per questo motivo il trapianto testa-tronco rimane fortemente problematico. A ciò si aggiungono problemi connessi alla dinamica del trapianto, che fanno dubitare della sua effettiva utilità. Facciamo due casi: a) si pensi a un adolescente che cade con il suo motorino, sbatte la testa senza casco e viene dichiarato in morte cerebrale. Quale famiglia vorrebbe il corpo del figlio con la testa di un donatore, un’altra persona che neppure conoscono? b) Nel caso inverso, un uomo col corpo devastato da malattie incurabili dovrebbe accettare di farsi congelare, staccare la testa e poi avere un nuovo corpo. Vorrà vivere con esso? Sopravviverà al congelamento? Come si vede, questo tipo di trapianti, al di là delle questioni etiche e filosofiche, non sembra una vera soluzione ai problemi che vorrebbe risolvere. E perciò è improbabile che si faccia, anche in futuro.