Vita

FECONDAZIONE ASSISTITA. Strage di embrioni Centro sotto accusa

Pier Luigi Fornari mercoledì 4 aprile 2012
​Grossi deficit sui controlli di funzionamento del sistema del Centro di procreazione medicalmente assistita dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma, sono stati rilevati ieri in un’ispezione durata sette ore e mezzo, effettuata dalla commissione incaricata dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, di indagare sulla strage di 94 embrioni verificatasi una settimana fa, insieme alla perdita di 130 ovociti e 5 campioni di liquido seminale. «Il Centro ha un’organizzazione non ottimale, l’organigramma non è chiaro, non c’è sistema di qualità, le strutture e i controlli sulle strutture non sono adeguati e c’è un grosso deficit sui controlli di funzionamento del sistema», si legge nella relazione finale del team di esperti di altissimo livello, guidato da Eliana Porta, capo ispettore responsabile su cellule e tessuti per l’Italia, e di cui faceva parte anche Deirdre Fehily, inglese, esperta internazionale e collaboratrice della Commissione europea della sicurezza di laboratori, cellule e tessuti. Altri componenti sono Elisa Pianigiani, responsabile della Banca della cute, Azienda ospedaliera di Siena, esperta in catena del freddo, e Domenico Adorno, responsabile del Centro regionale trapianti del Lazio, esperto di accreditamento, laboratori e strutture biologiche. I carabinieri del Nas hanno seguito alcuni passaggi dell’ispezione su indicazione della Procura di Roma. «I controlli sulle apparecchiature - catena del freddo a parte, che viene controllata da Air Liquide - sono demandati al Servizio tecnico dell’Ospedale», si legge nel rapporto nel quale si rileva che «sul funzionamento del Centro ha inciso la debolezza strutturale, organizzativa e logistica». E ciò ha coinvolto anche il sistema di controllo. Nel rapporto si legge anche che la sorveglianza sui tank «è affidata al personale del centro trasfusionale in modo indiretto». Coinvolti nell’incidente sono stati tre tank. I problemi riscontrati sono due. Il primo consisteva nel fatto che è risultata aperta una valvola fra il serbatoio interno e il serbatoio esterno; la valvola aveva del ghiaccio attorno. La seconda questione è che «la temperatura del locale ospitante il tank era elevata a causa di un guasto all’impianto di condizionamento, dovuto ad una rottura in atto da diversi giorni». L’apertura della valvola ha favorito la fuoriuscita di azoto, mentre la temperatura più elevata del locale ha provocato una maggiore dispersione di freddo e quindi un maggiore consumo di azoto rispetto al normale. Gli ispettori rilevano in ogni modo che «i controllo sulla valvola e sul condizionatore sono entrambi in capo ad Air Liquide». L’ispezione ha riscontrato in ogni modo un buon funzionamento del sistema biologico: «procedure biologiche chiare e tracciabilità». Un dato registrato è anche che gli embrioni che erano conservati erano tutti recenti, successivi alla sentenza della Corte costituzionale sulla legge 40. Nel corso della giornata di ieri il direttore generale del San Filippo è tornato sull’incidente e basandosi sulla relazione consegnata dalla ditta Air Liquide ha avanzato l’ipotesi di un errore umano: «una apertura impropria di una valvola», ma in un’area nella quale, secondo la dirigenza dell’ospedale, può accedere solo la ditta che si occupava dell’impianto di crioconservazione. Il serbatoio contenente l’azoto sarebbe rimasto aperto con la conseguente perdita della sostanza e l’alterazione della temperatura che ha portato al deterioramento e alla morte degli embrioni. Secondo Alessio la relazione della ditta, nella sua interezza, «non scarica responsabilità, né se ne assume: è una cronistoria dell’ultimo periodo», ma a suo giudizio ci sarebbero «alcune incongruenze che non trovano riscontro nei fatti e nelle circostanze». E il direttore sanitario dell’ospedale, Lorenzo Sommella, è tornato a sostenere che l’ospedale in questa vicenda sarebbe «parte lesa». Andrea Lenzi, ordinario di endocrinologia alla Sapienza, che è capo della commissione nominata dal presidente del Lazio, Renata Polverini, ha prospettato questi interrogativi all’indagine: «Se l’allarme è partito in tempo o in ritardo e se c’era qualcuno preposto a ricevere questo allarme che l’ha trascurato». Quando fuoriesce l’azoto liquido ci vuole poco a far alzare drasticamente la temperatura, il punto è «cosa è successo in questo lasso di tempo».