Vita

Telethon. Pasinelli: curare le malattie genetiche non rende, e allora ci pensiamo noi

Graziella Melina giovedì 14 dicembre 2023

Francesca Pasinelli, direttore generale di Fondazione Telethon

«Nessun bambino deve essere lasciato indietro. Ma è necessario il sostegno di tutti». Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon, tra i vincitori dell’Ambrogino d’oro 2023, lo ribadisce senza perdere mai il sorriso: «Tutto quello che abbiamo fatto è stato possibile grazie alle donazioni che abbiamo ricevuto». E molto ancora si potrà fare nel corso della 34a edizione della Maratona in onda sulle reti della Rai fino a domenica 17 dicembre (numero solidale 45510).

I passi avanti fatti sono ormai concreti?

La ricerca è progredita moltissimo, al punto che per alcune malattie è stata trovata la soluzione: negli anni abbiamo messo a punto diverse terapie, alcune delle quali sono già registrate e utilizzate, altre in dirittura finale e, grazie agli studi di ricerca clinica, stanno per diventare farmaci a tutti gli effetti. Però le malattie di cui ci occupiamo sono migliaia, finora abbiamo lavorato su 630 diverse patologie e molte hanno bisogno ancora di studi di ricerca di base per comprendere il meccanismo per cui un difetto genetico porta a sviluppare una malattia grave.

I risultati di un singolo studio possono poi servire anche per altre malattie?

Non c’è dubbio. Abbiamo messo a punto un modello terapeutico, la cosiddetta terapia genica, che a tutti gli effetti si può considerare una piattaforma: è una tecnica che può essere applicata a più malattie con le necessarie differenze, perché ogni patologia è legata a un diverso difetto genetico. Con i fondi che auspicabilmente riusciremo a raccogliere, porteremo avanti anche un progetto che punta all’ottimizzazione ulteriore di questa piattaforma; finora infatti queste terapie le abbiamo sviluppate separatamente l’una dall’altra. Queste terapie richiedono costi di sviluppo molto elevati, ma ottimizzando la piattaforma puntiamo a raggiungere livelli maggiori di sostenibilità.

Molti farmaci assai costosi rischiano di non essere più disponibili?

Le malattie così rare da sempre non rappresentano un interesse né per i grandi investimenti pubblici, che danno priorità a malattie più diffuse nella popolazione, né per quelli privati industriali, che sviluppano terapie per patologie più richieste dal mercato. L’elevato costo di produzione recentemente ha quindi portato l’industria ad abbandonare e a dismettere molte di queste terapie, a livello internazionale. Per noi era inconcepibile lasciare soli i nostri malati e abbiamo fatto la scelta di diventare anche un produttore e distributore di un farmaco per il trattamento dell’Ada-Scid: abbiamo avuto l’autorizzazione dall’Ema e di fatto siamo diventati la prima charity al mondo ad assumersi questa responsabilità. E lo faremo, entro le nostre possibilità, tutte le volte in cui non ci sarà un attore farmaceutico disponibile a farsi carico della produzione e distribuzione di un farmaco che abbiamo sviluppato con la nostra ricerca.

Intanto, c’è anche il problema degli screening poco diffusi.

Ci sono alcune malattie per le quali esistono farmaci che, se somministrati immediatamente, cambiano il corso della malattia e trasformano la vita del bambino, che così potrà avere un futuro molto diverso. È inaccettabile pensare che una disomogeneità dei comportamenti tra le Regioni porti a così impari opportunità fra bambini e neonati. È fondamentale che siano eseguiti in modo rapido e in tutto il Paese.

Resta ancora molto da fare anche per valorizzare i ricercatori.

Incertezza e precariato non rendono merito al lavoro degli scienziati italiani: gli assegni di ricerca sono contratti molto instabili che vengono dati a ricercatori già affermati, quando invece, alla stessa età e nello stesso stato di evoluzione della carriera, in altri Paesi nel mondo hanno una strutturazione del loro contratto di lavoro molto più qualificante. Molti concorsi, poi, non vengono pubblicati con continuità. Ecco perché per gli scienziati che lavorano nei nostri istituti abbiamo messo a punto dei contratti che prevedano coperture assistenziali e di welfare. È doveroso riconoscere ovunque il contributo dei ricercatori nei riguardi della società.