Vita

Linea guida. «La sedazione palliativa non abbrevia la vita»

Enrico Negrotti giovedì 21 dicembre 2023

Le cure in un un reparto di terapia intensiva

Un contributo importante per fare chiarezza su uso e scopi della sedazione palliativa è la Linea guida promossa dalla Società italiana di cure palliative (Sicp) e dalla Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti), che hanno radunato un gruppo di esperti anche di altre società scientifiche: Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Simeu (Societa italiana medicina d’emergenza-urgenza), Simg (Societa italiana di medicina generale), Fadoi (Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti-Societa scientifica di medicina interna), Aniarti (Associazione nazionale infermieri di area critica).

Del gruppo di lavoro faceva parte Augusto Caraceni, docente e direttore della Scuola di specializzazione in Medicina e cure palliative dell’Università di Milano e direttore dell’Unità di cure palliative dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano: «L’importanza di questo lavoro è duplice: da un lato la Linea guida è inserita nel Sistema nazionale delle linee guida garantito dall’Istituto superiore di sanità (Iss), con una metodologia internazionale rigorosa che serve a valutare le evidenze scientifiche più accreditate».

Dall’altro, prosegue Caraceni, «la responsabilità attribuita alla Sicp e alla Siaarti conferisce autorevolezza alla Linea guida, che presenta un livello elevato di affidabilità perché è stato esaminato tutto quanto la letteratura scientifica internazionale più aggiornata può offrire sull’argomento, arricchendola con la propria esperienza di professionisti in prima linea nelle cure palliative e di fine vita». In definitiva, una Linea guida che rappresenta quanto di meglio la scienza medica può offrire in tema di sedazione palliativa. E che offre un’articolata disamina dei diversi farmaci utilizzabili, delle dosi, delle circostanze di utilizzo e persino dei costi.

A partire dalla definizione di procedura che mira a controllare sofferenze causate da sintomi refrattari, la Linea guida «punta a uniformare la pratica clinica». E «mette bene in evidenza – puntualizza Caraceni – che le sedazioni fatte in maniera corretta non abbreviano la vita e non possono essere confuse con pratiche come il suicidio assistito o l’eutanasia».

Non è il dolore il sintomo prevalente che fa ricorrere alla sedazione: «Il puro dolore incoercibile – riferisce Caraceni – è responsabile solo del 2-3% dei casi di sedazione palliativa. Oltre il 90% è invece dipendente da due sintomi: dispnea (cioè mancanza di respiro) e delirium (vale a dire stato confusionale, allucinazione)».

La sedazione palliativa «è praticata su una malattia inguaribile e progressiva. Nei fatti, di solito, vi si ricorre nelle ultime giornate di vita: oltre il 90% nelle ultime 72 ore. Rappresenta una procedura – conclude Caraceni – che garantisce che, se anche alla fine della vita, si può ancora lenire la sofferenza e garantire la dignità della persona».