Vita

La testimonianza. «Per noi malati in ospedale il Natale dell'attesa»

Massimo Iondini giovedì 21 dicembre 2023

Bianco Natale. Bianco come i camici dei medici e come le lenzuola dei letti in ospedale. Anche qui sarà Natale. C'è chi è degente da giorni e vede proprio nel 25 dicembre una ineludibile data entro la quale puntare alle dimissioni. “Riesce a mandarmi a casa per la vigilia, dottore?”. Frase che mai come in questi giorni rimbomba nei cuori in allarme di migliaia di malati e tra le nosocomiali pareti di sospese stanze di vita quotidiana. Nulla forse come l’ospedale è vigilia. Costante, febbrile o paziente attesa di una venuta e di un ritorno. Quello della salute persa o minata. Ma proprio nel pieno di questa settimana che precede il Natale chi ai ricoverati d'Italia dà ogni giorno risposte sul campo ha dovuto ancora una volta alzare la voce e incrociare i proverbiali bisturi per una sanità pubblica sempre più ferita. Alla faccia delle politicanti promesse che tre anni fa si alternavano, a pioggia, a elogi e ringraziamenti per quanto fatto da medici e infermieri durante la pandemia. Ma è ancora Natale. Ed è sempre vigilia per quel mondo parallelo che è l'ospedale. Con il suo riciclo incessante di popolo. Perché è democratico, l’ospedale. Parafrasando il De Gregori de “La storia”, l’ospedale siamo noi, nessuno si senta escluso. Allora è vigilia per tutti, per chi è dentro, e per chi aspetta a casa quel natalizio ritorno di chi prima era sano.