Vita

LE FRONTIERE DELLA RICERCA. Per la sclerosi multipla una speranza italiana

Vito Salinaro mercoledì 30 ottobre 2013

È molto più di una speranza quella che scaturisce da una complessa ricerca, tutta italiana, sulla sclerosi multipla. Perché il voluminoso rapporto tenuto a battesimo, non senza rilievo, dalla prestigiosa rivista Nature Communications, apre la strada alla cura della malattia. Ancora una volta gli specialisti hanno puntato tutto sulle staminali scegliendo la strada della cosiddetta riprogrammazione cellulare, procedimento reso celebre dallo scienziato Shinya Yamanaka, premiato nel 2012 con il Nobel per la Medicina.

I ricercatori dell’istituto di Neurologia sperimentale dell’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) San Raffaele di Milano, coordinati dal direttore della divisione di Neuroscienze dell’ospedale, Gianvito Martino (dallo scorso anno presidente della Società internazionale di Neuroimmunologia), utilizzando un cocktail di molecole, hanno trasformato cellule della pelle in cellule staminali embrionali, a loro volta divenute cellule staminali del cervello e trapiantate in un modello sperimentale di sclerosi multipla. È a questo punto che gli scienziati dell’ospedale milanese, che hanno lavorato con i ricercatori dell’Università degli Studi del capoluogo, guidati da Elena Cattaneo, si sono trovati di fronte a qualcosa di inedito che potrebbe cambiare la storia della malattia: le cellule riprogrammate infatti si sono mostrate capaci di un potenziale terapeutico importante nelle malattie infiammatorie del sistema nervoso centrale, come la sclerosi multipla.Più semplicemente, nei modelli murini (topi da laboratorio utilizzati per comprendere i meccanismi patogenetici alla base delle malattie dell’uomo), queste cellule sono in grado di ricostruire le parti danneggiate della mielina, essenziale nel favorire e accelerare la trasmissione degli impulsi elettrici con i quali le cellule del sistema nervoso comunicano tra loro. Perché la malattia insorge proprio quando si verificano un danno e una perdita di quella guaina glicoproteica che ricopre i nervi, la mielina appunto, in più aree del cervello e del midollo spinale; è il processo di demielinizzazione, indotto da eventi infiammatori ancora ignoti, e che arreca conseguenze permanenti e irreversibili, con l’accumulo, negli anni, di handicap psico-fisici. Ebbene, lo studio italiano è di fondamentale importanza perché sposta in avanti il confine della conoscenza per lo sviluppo di terapie "riparatrici".La scoperta, spiegano dal San Raffaele, «si basa sulla dimostrazione che la somministrazione per via intracerebrale di cellule neurali staminali», ovvero cellule multipotenti in grado di differenziarsi in neuroni e in cellule che producono mielina (oligodendrociti), derivate dalla pelle, «possono determinare un significativo miglioramento, sia clinico che neuropatologico, della malattia. Le cellule trapiantate riducono l’entità del danno e sollecitano la produzione di nuova mielina capace di riavvolgere i nervi "denudati" dal processo infiammatorio. Questa "protezione" avviene in maniera rapida e adeguata poiché è mediata da un fattore solubile neuroprotettivo prodotto dalle cellule trapiantate e non dalla sostituzione delle cellule danneggiate con quelle trapiantate».

Oltre ad aver svelato la capacità terapeutica delle cellule della pelle riprogrammate, questa ricerca, finanziata principalmente dalla "National multiple sclerosis society" e dall’"Associazione italiana sclerosi multipla", è dunque particolarmente importante per almeno altri due motivi. Il primo sta nel fatto che le terapie innovative, già allo studio, saranno «in grado di affrontare la malattia anche quando questa si è già instaurata ed il sistema nervoso centrale del malato è già compromesso», come afferma Gianvito Martino. Le cure disponibili oggi sono basate essenzialmente sull’utilizzo di farmaci immunosoppressori o immunomodulanti: la loro utilità è cioè soprattutto preventiva, non hanno alcun effetto terapeutico nelle fasi tardive della patologia e quando il danno mielinico si è già instaurato.Il secondo motivo: «Anche se terapie a base di cellule staminali neurali si erano già in passato dimostrate efficaci nei modelli sperimentali di sclerosi multipla, questa nuova scoperta – spiega una nota del nosocomio milanese – è un ulteriore e deciso passo in avanti perché potrebbe, in un futuro non lontano, far sì che cellule staminali neurali vengano prodotte dal paziente stesso, evitando problemi di rigetto ed effetti collaterali imprevedibili».La strada per la cura definitiva della malattia – è bene sottolinearlo, rilevano dal San Raffaele – prevede ancora numerose tappe. Tuttavia i presupposti perché i malati con sclerosi multipla siano presto dotati di "munizioni" nuove, e finalmente molto più efficaci, osservano gli esperti, «ci sono tutti».