Vita

Intervista. Il Movimento per la vita: superiamo i muri, difendiamo chi è senza diritti

Francesco Ognibene giovedì 14 novembre 2019

Marina Casini Bandini (Archivio Siciliani)

Quattro giorni a tutta vita. Parte oggi a Montesilvano (Pescara) il 39° Convegno nazionale dei Movimenti per la vita, dei Centri aiuto alla vita e delle Case di accoglienza, un arcipelago che porta anche quest’anno un bilancio di speranza: 7.271 bambini nati grazie a 206 Cav, +25% negli ultimi 20 anni (e +50% dei Cav dal 1999), oltre a 513 mamme aiutate col Progetto Gemma. La novità è il progetto «Cuore a cuore» per sostenere la cultura della vita "al femminile". Info, adesioni e testimonianze: cuoreacuore.mpv@gmail.com. Nel suo messaggio ai partecipanti il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha affermato che "oggi difendere la cultura della vita è diventato molto più difficile rispetto al passato, a causa dell'affermazione di una mentalità nichilista e consumista che ha favorito il progressivo svuotamento di significato della persona umana. Una crisi di senso, civile e morale, che mina le basi di ogni convivenza sociale, al di là della fede che si professa. Il vostro lavoro - ha detto ai partecipanti - merita ogni incoraggiamento da parte di quanti sono preoccupati del futuro della nostra società. Un futuro che giustamente ci sta a cuore".

Sarà il tema del futuro a guidare i 400 iscritti (un record) al 39° Convegno nazionale dei Movimenti per la Vita, dei Centri aiuto alla Vita e delle Case di accoglienza da giovedì 14 a domenica 17 novembre, a Montesilvano (Pescara). Un arcipelago che porta anche quest’anno un bilancio di speranza: 7.271 bambini nati grazie a 206 Cav, +25% negli ultimi 20 anni (e +50% dei Cav dal 1999), oltre a 513 mamme aiutate col Progetto Gemma. Cosa intenda per futuro chi anima queste esperienze di sostegno della vita nascente lo spiega la presidente Marina Casini Bandini.

Quale idea ha ispirato la vostra scelta di dedicare il convegno nazionale al "futuro"? Che futuro sogna per il Movimento?

Il "futuro" è nel Dna del Movimento. L'atteggiamento è quello dell'avanzata propositiva per costruire una nuova cultura della vita - la civiltà della verità e dell'amore -, in un certo senso per avviare una "rivoluzione culturale"; non è mai stato quello della resistenza in trincea o della ritirata nelle catacombe. Penso al Movimento per la vita come a quei movimenti che nella storia hanno liberato da una situazione di soggezione e inferiorità alcune categorie di esseri umani non considerati tali o esclusi dall'essere considerati "persone". Questa volta in nome della dignità umana affermiamo che tutti gli esseri umani sono uguali anche quando si trovano nella fase iniziale della loro esistenza. In questo senso portiamo a compimento l'idea moderna dei diritti dell'uomo sottraendola all'inciviltà dei pretesi "nuovi diritti civili". Trenta anni fa è crollato il muro di Berlino; verrà un giorno in cui si sbriciolerà anche il muro invisibile e massiccio che separa i non nati dai nati. Sogno che il Movimento continui ad essere lievito nella pasta della società; a coagulare forze che, pur divise su altre questioni, vogliono costruire alleanze sul tema della vita; a rianimare e dare slancio - proprio a partire dallo sguardo sul "più povero tra i poveri" - all'intera dottrina sociale personalista, in primo luogo quella cristiana; a far comprendere che la cultura dell'accoglienza si radica sotto il cuore della mamma e che è assurdo che in nome delle donne si imponga l'aborto come diritto fondamentale. In ogni caso il Movimento per la vita è uno strumento e non un fine. Il fine è la realizzazione del "nuovo umanesimo" cioè della civiltà della verità e dell'amore. Mi piacerebbe comunque che al Movimento per la vita fosse riconosciuta la sua carica profetica, la sua storia coraggiosa e gloriosa, il suo grande servizio reso alla comunità civile ed ecclesiale.

L'Italia è in pieno declino demografico: c'è una proposta che MpV ha in mente per far cambiare rotta al Paese?

È contraddittorio che in tema di crollo delle nascite non si senta parlare dell'aborto. Dall'entrata in vigore della legalizzazione della c.d. "interruzione volontaria della gravidanza", è stata impedita la nascita di oltre sei milioni di bambini. Questo risulta dalle relazioni ufficiali annualmente presentate al Parlamento dal Ministro della Sanità. Se oggi ci fossero sei milioni di figli in più non esisterebbe la paura del declino demografico. Sappiamo che non è facile sconfiggere totalmente il dramma dell'aborto, ma se soltanto la metà dei bambini abortiti fosse stata salvata la situazione sarebbe diversa. Sembra dunque giunto il momento di un serio ripensamento sull'aborto, quanto meno sostenendo il volontariato impegnato ad aiutare le donne che subiscono una spinta all'aborto dall'ambiente in cui vivono ed anche da difficoltà di vario genere. In questa prospettiva i Centri di aiuto alla vita potrebbero essere inseriti nella strategia dello Stato e delle istituzioni locali. Sembra urgente anche una profonda revisione della funzione dei consultori familiari pubblici, trasformati nella maggioranza dei casi in strumenti di accompagnamento verso l'aborto.

Con la riduzione delle nascite, calano in modo vistoso anche gli aborti. Cosa legge in questo dato?

Se non vengono concepiti nuovi figli, anche il numero degli aborti effettuati ai sensi della legge 194 diminuisce. Semmai è da vedere se realmente gli aborti sono in calo, perché i dati che annualmente fornisce il ministero della salute offrono uno spaccato parziale del fenomeno. Occorre tenere conto anche degli aborti illegali (nella modalità "tradizionale") e di quelli nascosti. È enorme il numero di figli appena concepiti a cui è stata tolta la vita mediante la c.d. "contraccezione di emergenza" o "post-coitale" la quale - come ormai è accertato da molti studi - se il concepimento è avvenuto, impedisce al concepito di trovare accoglienza nell'utero materno e quindi ne viene provocata la morte. Nel 2017, sono state vendute 224.432 confezioni di EllaOne (pillola dei cinque giorni dopo) e 339.648 confezioni di Norlevo (pillola del giorno dopo). Ma se è vero che gli aborti sono diminuiti, questo è grazie a una cultura alternativa alla legge 194 e cioè grazie al "popolo della vita" che ha certamente prodotto un effetto di sensibilizzazione delle coscienze. Il solo modo di ridurre l'aborto è promuovere una "cultura per la vita" la quale riconosce l'uomo fin dal concepimento. Se il concepito è un essere umano, la società nelle sue leggi non può considerarlo diversamente da come considera tutti gli altri esseri umani.

Le sembra che il giudizio degli italiani, e in particolare dei giovani, verso l'aborto stia cambiando? Come si entra in dialogo con loro sulla tutela della vita umana nascente?

Se da un lato oggi i giovani sanno cos'è l'aborto e non vi ricorrono a cuor leggero, dall'altro ci sono meno remore per l'assunzione delle pillole dei giorni dopo, ormai di facile reperibilità, che diventano la soluzione più facile, comoda, pratica e veloce. E così è cresciuta una sorta di non consapevolezza favorita dalla disinformazione circa l'effetto distruttivo sul figlio concepito, se la fecondazione è avvenuta. Nonostante ciò, in larga parte dei giovani si può avvertire una sensibilità verso il valore della vita sin dal concepimento, quanto meno una inquietudine, il rifiuto della superficialità, la disponibilità di interrogarsi e ad approfondire, in sostanza un desiderio di autenticità. Per entrare in dialogo con i giovani bisogna puntare sempre al positivo, mostrare la bellezza della vita umana, lo splendore di ciò che è vero e giusto. È necessario portare a riflettere sullo stupefacente momento dell'inizio di ciascuno di noi, sul valore del figlio pensandolo come fine dell'intero creato e "meraviglia delle meraviglie", sulla gravidanza come abbraccio d'amore, perché se qualche volta è vero che il concepimento non nasce dall'amore, è sempre vero che l'abbraccio materno del figlio per molti mesi in modo così intimo e non più ripetibile, mantiene questo segno dell'amore.

Qual è il passaggio che attende ora il Mpv e i Cav? A quale esame sono attesi?

Ferme restando le considerazioni precedenti, mi pare che i "passaggi" e gli "esami" riguardino questi quattro aspetti: è necessario che i Cav, in rete con Sos Vita, siano seriamente preparati ai cambiamenti dell'utenza che derivano dalle nuove modalità di intervento sulla vita prenatale (pillole post-coitali, fecondazione in vitro, diagnosi prenatale), ma anche a fronteggiare il dramma del post-aborto; deve essere valorizzata la figura maschile in un'ottica di alleanza con la vita nascente: se è vero che la vita è affidata soprattutto alla madre, è anche vero che la madre vive in contesti di relazione dove altre persone possono guardare alla sua gravidanza incoraggiandone la prosecuzione oppure premendo per la sua interruzione, è importante che il maschile sia recuperato nella visione integrale di una responsabilità condivisa nei Cav e nei servizi ad essi connessi; abbiamo di fronte la sfida dei nuovi strumenti di comunicazione e dei nuovi linguaggi nei social e in internet dove i Cav, i Movimenti locali, le Case di Accoglienza, Progetto Gemma, Sos Vita devono imparare sempre meglio a comunicare ciò che sono; infine dobbiamo operare con coraggio perché si realizzi quella "staffetta generazionale" che faccia incontrare esperienze e novità, perché dalla trasmissione dell'esperienza possa generarsi un futuro carico di speranza per il nostro servizio.

Di recente il Movimento per la vita ha lanciato la campagna «Cuore a cuore». A cosa punta?

Consiste nel rendere alta e forte la voce delle donne a difesa della vita nascente, invitando le donne, le madri, le donne in gravidanza, ad affermare - con dichiarazioni e testimonianze - che il concepito è un essere umano, uno di noi, un figlio. Lo dice la scienza, lo riconosce la ragione, ma la voce delle donne è fondamentale! La più grande delle difese del figlio in viaggio verso la nascita è nella capacità di accoglienza, nella generosità e nel coraggio delle donne. Stiamo collaborando con il mensile Noi Famiglia e Vita per sensibilizzare e far emergere che c'è veramente una alleanza tra la donna e la vita. Le donne hanno una particolare autorevolezza nel chiedere che ogni figlio fin dal concepimento deve essere considerato un essere umano e perciò portatore di una dignità uguale a quella di ogni essere umano e quindi titolare del diritto alla vita. Al convegno ci sarà una sessione su questo tema. Concretamente vorremmo domandare ai pubblici poteri, ad ogni livello, che la società tutta intera con le sue forze intellettuali e con le sue strutture politiche, sociali ed assistenziali, si ponga senza equivoci dalla parte della vita. Ciò significa almeno: riconoscere legislativamente che il concepito è uno di noi; riformare i consultori familiari alla luce del diritto alla vita dei figli in viaggio verso la nascita; potenziare concrete forme di solidarietà a livello istituzionale e associativo nei riguardi delle donne in gravidanza. Per informarsi su questa campagna, aderire alla campagna o portare la propria testimonianza abbiamo attivato un’indirizzo di email ad hoc:
cuoreacuore.mpv@gmail.com.

Il Mpv si è schierato in prima linea nell'impegno della rete associativa contro il suicidio assistito. Cosa chiede al Parlamento in vista della legge?

Premesso che purtroppo la Corte Costituzionale ha impresso una svolta epocale in tema di fine vita e che dunque il Parlamento è tenuto a mettere mano a una disciplina che ne tenga conto, la cosa importante adesso è che il Parlamento non allarghi le maglie con una legge che apra ancora di più a forme eutanasiche (dal punto di vista sostanziale non c'è differenza fra suicidio assistito ed eutanasia). Non è un'ipotesi tanto peregrina visto quello che è successo nel caso dell'aborto: la legge 194 ha scavalcato la sentenza n. 27 del 1975 dando accesso all'aborto nei primi tre mesi di gravidanza praticamente in ogni caso data l'ampiezza e la genericità delle indicazioni. La legge è per sua natura "guida all'azione" e quindi generatrice o elemento di rafforzamento di una certa "mentalità" e di una certa "cultura". Sappiamo quali derive si aprono quando si perde il rispetto per la vita umana. In ogni caso, deve comunque essere garantito il diritto di obiezione del personale medico-sanitario. Soprattutto si deve tenere conto di ciò di cui c'è davvero bisogno: aiuti ai caregiver e alle famiglie, assistenza domiciliare qualificata e costante, diffusione delle cure palliative e della terapia del dolore, alleggerimenti burocratici, riduzione dei tempi per ottenere i necessari ausili e presidi, sostegni economici, miglioramento delle strutture ospedaliere sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista della formazione umana e professionale degli operatori.