Vita

Fake news. Tutte le bufale in oncologia, un team al femminile per sbugiardarle

Daniela Pozzoli giovedì 25 gennaio 2018

Le nove oncologhe di "W4O"

«Se devo acquistare una lavatrice cerco su Internet. Allora perché se ho un tumore non dovrei interpellare Google?». Nicla La Verde, oncologa, dirige l’unità di ricerca del Fatebenefratelli- Sacco di Milano e non ci sta a dare «una sberla metaforica » a quei pazienti, e sono tanti, che arrivano nel suo ambulatorio avendo già ottenuto così le informazioni sulla loro malattia.

«È un’esigenza sacrosanta, ed è tipico del nostro tempo informarsi in rete – spiega –. L’informazione per chi è malato di tumore genera aspettative, specie per quello che riguarda i trattamenti terapeutici. Chi ha un tumore arriva in ospedale già provato dall’aver scoperto di stare male e in una condizione di estrema fragilità, per questo ciò che gli dirò durante la visita e quanto trova su Internet, o che si legge sulla carta stampata, devono essere informazioni oculate e corrette». Con l’obiettivo di contrasto alle fake news è nato «Women for Oncology Italia» (W4O), costola della Società europea di oncologia medica, che riunisce nove oncologhe italiane tra i 40 e i 50 anni.

E venerdì 26 dalla Camera con l’incontro «Donne che curano» partirà la loro offensiva contro la cattiva informazione in medicina che può mettere a rischio la vita dei pazienti. Secondo la dottoressa dell’ospedale milanese esistono infatti almeno tre tipi di fake news: quelle completamente false e grossolane, «non verificate da studi clinici controllati e senza letteratura scientifica adeguata alle spalle» (tipo «il microonde e le calamite da attaccare al frigo fanno venire il cancro»).

Poi ci sono quelle notizie «che corrispondono in parte a verità ma che non si applicano a tutti i pazienti o addirittura riguardano scoperte di là da venire ma che creano false illusioni nel paziente». Oppure ci sono le cattive informazioni che possono causare danni: «Alcune donne sono venute da me con un carcinoma mammario di 8 o 10 centimetri perché erano state curate con l’omeopatia – precisa La Verde –. Altre si erano rivolte alla fitoterapia perché era stato detto loro che allevia gli effetti collaterali della chemio o come terapia di supporto. Senza sapere che le erbe possono danneggiare, come i fitoestrogeni della soja, assunti per contrastare i sintomi della menopausa indotta dalle terapie anti-tumore, di fatto estrogeni a tutti gli effetti. Altre ancora pensavano che non si dovessero assumere vitamine durante i cicli di terapia perché 'danno da mangiare al tumore', mentre in caso di anemia bisogna integrare con l’acido folico o la vitamina B12...».

Se con 'il dottor Google' non ci si cura, ma non si può nemmeno fare finta che non esista, secondo questo team di donne di tutta Italia spetta all’oncologo «alleato con i politici» – cui viene chiesto di inserire in agenda, in vista del voto, la lotta alle fake news – vigilare sull’informazione. «Deve scattare un legame di fiducia con il paziente – raccomanda la dottoressa –, fatto di dialogo costante», anche sui social. «Rispondo sempre sul mio profilo Facebook così come la collega Rossana Berardi sul suo o le altre colleghe sul sito www.womenforoncology.it». Un nuovo modo di fare cultura in oncologia, senza stare in cattedra, ma a disposizione del malato.