Vita

Procreazione assistita. Legge 40, Scienza & Vita: tutelare la fecondità

Emanuela Vinai mercoledì 1 luglio 2015
​Grande attenzione al percorso della procreazione medicalmente assistita (Pma) e una confermata tutela dell’embrione da ogni deriva eugenetica, questo il cuore delle linee guida sulla legge 40/2004 firmate ieri dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che arrivano a sette anni da quelle – molto discusse – emanate dall’allora titolare dello stesso dicastero Livia Turco. Notevoli gli aggiornamenti e le variazioni rispetto alle linee guida del 2008. Il nuovo testo, si legge nel comunicato del Ministero, «è stato rivisto in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica del settore e all’evoluzione normativa; in particolare ai decreti legislativi 191/2007 e 16/2010 e all’Accordo Stato-Regioni del 15 marzo 2012 (che applica alla Pma le normative europee su qualità e sicurezza di cellule umane), e alle sentenze della Corte Costituzionale n.151/2009 e n.162/2014 che hanno eliminato, rispettivamente, il numero massimo di tre embrioni da produrre e trasferire in un unico e contemporaneo impianto, e il divieto di fecondazione eterologa». Relativamente invece all’ultima sentenza della Corte Costituzionale in materia, quella dell’aprile scorso, la Consulta ha parlato di intervento del legislatore e si attende quindi il Parlamento.
«Dopo l’istituzione del Registro nazionale dei donatori, questo è il secondo importante passo per l’aggiornamento dell’intero quadro normativo che regola la Pma in Italia – ha commentato il ministro Lorenzin – che sarà completato nelle prossime settimane con i decreti sul consenso informato e sui cosiddetti "embrioni abbandonati", e con il perfezionamento del recepimento delle normative europee sulla donazione dei gameti. Questa serie di provvedimenti, insieme all’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (che includeranno anche i trattamenti di Pma) contribuirà a conferire certezza al quadro normativo e a migliorare accesso e qualità dei percorsi in questo ambito così delicato del Servizio sanitario». Il provvedimento entrerà in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.Nel dettaglio, il principio seguito nella stesura delle linee guida «è quello di utilizzare in prima istanza le opzioni terapeutiche più semplici, meno invasive e meno onerose, tenendo in debito conto l’età della donna e la causa, quando nota, dell’infertilità e della sterilità di coppia». Per quanto riguarda l’accesso alle tecniche di fecondazione eterologa, nel testo anzitutto è rimarcata la necessità di un’anamnesi accurata e di un corretto esame obiettivo nell’ambito del primo colloquio con la coppia infertile o sterile, per un’opportuna gradualità nella prescrizione dei trattamenti. Viene raccomandata inoltre un’attenta valutazione clinica del rapporto rischi-benefici con particolare riferimento alle complicanze ostetriche, alle potenziali ricadute neonatologiche e ai potenziali rischi per la salute della donna. L’obiettivo primario infatti è la nascita di un neonato vivo a termine, senza pregiudicare la salute della donna. Dunque non si parla di diritto a un figlio "sano" a ogni costo ma di massima cura e tutela per il nascituro e per la madre.
Sempre per garantire la massima sicurezza di tutti i soggetti coinvolti, le procedure di fecondazione artificiale dovranno essere descritte in cartella clinica con il maggior dettaglio possibile: il medico dovrà riportare le motivazioni in base alle quali viene determinato il numero di embrioni strettamente necessario da generare, ed eventualmente quelle relative agli embrioni non trasferiti da crioconservare temporaneamente. Il congelamento di embrioni dovrà avvenire presso i centri dove le tecniche sono state effettuate, e tutti gli oneri relativi saranno a carico dei medesimi centri. Per quanto riguarda specificamente l’esclusione di possibili tentazioni di selezione, le linee guida ribadiscono che restano proibite le diagnosi a finalità eugenetica e le indagini relative allo stato di salute degli embrioni prodotti, ai sensi dell’articolo 14, comma 5 della legge 40, dovranno sempre essere volte alla tutela della salute e dello sviluppo di ciascun embrione. Allo stesso modo, nel caso di ricorso all’eterologa, pur consentendo anche l’impiego di gameti maschili e femminili donati entrambi da soggetti diversi dai componenti della coppia ricevente (la cosiddetta "doppia eterologa"), per evitare illegittime selezioni eugenetiche, non è possibile per le coppie scegliere particolari caratteristiche fenotipiche del donatore. Le linee guida sono rivolte alla coppia ricevente, mentre tutto ciò che riguarda i donatori di gameti sarà contenuto nel testo del nuovo Regolamento, già approvato dal Consiglio superiore di sanità, che sta proseguendo il suo iter per il recepimento delle direttive europee di riferimento. Nella legge 40 infatti non si parla mai di "donatori", e va rispettata la sentenza del Tar che ha stabilito come attraverso le linee guida non si possano normare fattispecie che non siano presenti nella legge.Scienza & Vita: necessario tutelare precocemente la fertilità“La pubblicazione contemporanea delle Linee guida per la Legge 40 e della Relazione al Parlamento consente di trarre alcune considerazioni parallele sulla necessità di una tutela precoce della fertilità e di un approccio graduale alle tecniche di Pma mettendo in guardia dall’illusione di una maternità a gettone”, commenta Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita. “Dalla relazione al Parlamento risulta evidente l’età sempre più avanzata delle madri che ricorrono alla fecondazione artificiale: un dato sociopolitico che riflette evidenti problematiche a livello economico, culturale e sanitario, che fanno rinviare la maternità fino a quando è fisiologicamente più difficile avere una gravidanza naturale. A questo stato di cose ha contribuito anche l’idea illusoria di poter scegliere e posticipare il momento generativo, delegando alla tecnica ciò che la natura non può o non riesce più a fare. Ma le cifre indicano con chiarezza che la sproporzione tra cicli avviati e risultati ottenuti in termini di ‘bambini in braccio’ rende la Pma un’opzione non preferibile”. “Per questo è auspicabile avviare prima possibile percorsi di tutela della fertilità e di conoscenza dei tempi del proprio corpo e, come ben ricordano le linee guida, è necessario che per le coppie infertili/sterili sia predisposto un approccio graduale e realmente informato ai percorsi di procreazione medicalmente assistita, senza indicarli come prima e unica scelta in caso di infertilità”.