Vita

Fine vita. È morto Fabio Ridolfi, ora il silenzio

Vincenzo Varagona lunedì 13 giugno 2022

Si è spento prima del tramonto, poche ore dopo la sospensione dei supporti vitali avviata nel pomeriggio. Fabio Ridolfi aveva chiesto di interrompere le terapie – com’è suo diritto –, e l’alimentazione assistita è considerata tale dalla legge 219 del 2017 sul Consenso informato e le Disposizioni anticipate di trattamento alla quale il 46enne marchigiano – tetraplegico da 18 anni – si è appellato. Un corpo provato dall’immobilità non ha retto al distacco di nutrizione e idratazione, accompagnate dalla sedazione profonda, secondo quanto è previsto dalla normativa in vigore. Non si è invece dato seguito alla richiesta di accedere alla «morte medicalmente assistita», che Ridolfi aveva formulato, proprio perché a differenza di quanto è previsto per interruzione dei trattamenti clinici e sedazione non esiste ancora una legge in materia che offra il quadro normativo imprescindibile in una materia come questa, inclusi i protocolli attuativi di una pratica che esige di non lasciare margini di incertezza e discrezionalità. Sulla legge, in discussione al Senato, si sta cercando un consenso ampio su regole sagge e certe a tutela delle persone fragili, per prevenire qualunque abuso. Il rispetto per la privacy, chiesto dalla famiglia Ridolfi su una vicenda che ha già suscitato molto clamore mediatico, impone che cessi ogni polemica sulla morte di un paziente gravemente disabile che non riusciva più a portare il peso di una sofferenza ritenuta ormai insostenibile. Una tragedia, dunque, che consiglia rispetto e silenzio. Lo stesso che circonderà i funerali, che saranno in forma strettamente privata per esplicito volere dei familiari.
L’ultimo atto della drammatica vicenda di Fabio Ridolfi era iniziato nella mattinata di lunedì 13 giugno con l’annuncio dell’imminente avvio nell’hospice di Fossombrone (in provincia di Pesaro-Urbino) del procedimento di sedazione profonda del paziente originario di Fermignano, sempre nel Pesarese, uno dei tre marchigiani che hanno chiesto nell’ultimo anno il suicidio assistito trovando il supporto legale e mediatico dell’Associazione radicale Luca Coscioni. Seguendo lo stesso copione delle altre due persone (per loro i nomi di fantasia "Mario" e "Antonio"), anche Fabio aveva ottenuto il nulla osta del Comitato etico regionale che però non si è espresso su farmaco, posologia e modalità per darsi la morte. Il senso della risposta pubblica è che in assenza di una legge l’Azienda sanitaria non ha titolarità a farsi carico del procedimento. Nel caso di Mario, che vuole morire per via farmacologica, l’Associazione Coscioni ha promosso una raccolta fondi per acquistare lo «strumento infusionale» necessario al suicidio assistito, con 5mila euro raggiunti in pochi giorni.
Per Fabio invece, alla vigilia del percorso di sospensione delle cure, a Fermignano era stato organizzato l’ultimo saluto, un’iniziativa di commiato pubblico condivisa dalla piccola comunità locale e da associazioni sportive alle quali l’uomo era ancora molto legato. La passione per il calcio ha fatto sì che dopo una vera mobilitazione Lorenzo Pellegrini, capitano della Roma di cui Fabio era tifosissimo, abbia mandato via video un caldo abbraccio e un saluto commosso dal ritiro della Nazionale, mentre preparava l’incontro di Nations League con l’Inghilterra, nella serata dell’11 giugno, aggiungendo «ti mando un grande bacio». Gli ha risposto Andrea, il fratello di Fabio, ringraziandolo a nome di tutta la famiglia: «Hai esaudito un suo desiderio, è stato un regalo enorme per lui, che rafforza la soddisfazione di andarsene da Campione d’Europa». La coppa di Conference League che i giallorossi hanno appena conquistato, continua Andrea, lo rende «ancora più orgoglioso di tifare Roma. Grazie di cuore».
Sabato 11 era morto sempre dopo la sospensione delle cure Antonio La Forgia, ex presidente della Regione Emilia Romagna, malato di tumore: tre i giorni nel suo caso tra il distacco dei supporti vitali, la sedazione e il decesso, sempre a norma della legge 219. «La sedazione palliativa – aveva spiegato Gino Gobber, presidente della Società italiana di cure palliative, intervistato dall’agenzia Sir – è una procedura terapeutica che viene praticata in caso di sofferenze psico-fisiche intollerabili (e refrattarie ai consueti trattamenti) causati dalla fase terminale di malattie o in caso di sospensione di trattamenti di sostegno vitale» e va attuata «secondo il rigoroso rispetto di linee guida e raccomandazioni pubblicate da società scientifiche nazionali e internazionali. È una procedura terapeutica del tutto lecita e addirittura doverosa sotto il profilo clinico, etico, deontologico e giuridico».