Vita

INTERVISTA. Menard: «Registri dei bio-testamenti, si rischia una strage»

Daniela Fassini giovedì 6 giugno 2013
In assenza di una normativa nazionale, regna la libera interpretazione. Dopo l’incomprensibile affossamento della legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento alla fine della scorsa legislatura e a un passo dall’approvazione finale, per qualsiasi azione sul bio-testamento il campo oggi è libero. Grandi e piccoli Comuni si sentono legittimati, in nome dei diritti del cittadino, a istituire il registro sulle ultime volontà in tema di trattamento sanitario. E anche se lo strumento non ha alcun valore giuridico, la sinistra radicale sta cavalcando la battaglia a spron battuto. L’intento è di sollecitare il Parlamento ad agire, dopo averlo scoraggiato per cinque anni dal farlo. In Italia sono una settantina le amministrazioni che hanno già istituito il registro comunale. In molti altri la discussione è ancora aperta e in alcuni casi anche molto accesa e serrata. Come a Milano. Qui l’istituzione del registro sulle ultime volontà in tema di trattamenti sanitari è un percorso ancora tutto in salita. Sul banco ci sono tre delibere e una maggioranza spaccata. L’obiettivo della giunta guidata da Giuliano Pisapia è di istituire il registro entro l’estate ma l’iter per il momento si è inceppato. I tecnici e la segreteria del Comune hanno tirato il freno: per il registro dei bio-testamenti è necessaria l’autorizzazione del garante della privacy. Intanto tra i fronti del sì e del no si sta distinguendo una voce fuori dal coro. È quella di Sylvie Menard, l’oncologa francese, "naturalizzata" milanese, sostenitrice in un primo tempo del bio-testamento poi passata a contestarlo dopo essersi ammalata di cancro. La sua è una battaglia senza confini: non ha paura di battersi con tutte le sue forze per sostenere l’inutilità e la pericolosità dei registri contro chi li difende a spada tratta. L’ha fatto anche nel corso dell’audizione al Comune di Milano, portando l’esperienza vissuta sulla sua pelle, da medico e paziente.Milano si appresta a istituire il registro sul testamento biologico con una campagna che trova precedenti solo per quanto fatto l’estate scorsa con le coppie di fatto.  Milano deve fermarsi e ragionare. Il registro non solo è inutile ma anche dannoso perché così si rischia di fare una "strage degli innocenti". Di quelle persone, cioè che nel frattempo hanno cambiato idea ma che non lo possono più dimostrare o di altre, come ad esempio per le persone anziane in piena demenza senile, che si ammalano. Il Comune deve prima informare i suoi cittadini sulla validità del testamento, cosa vuol dire fare un testamento e soprattutto fare luce sui suoi pericoli. Il testamento biologico presumerebbe una vera educazione, facendo capire bene a cosa si va incontro con la dichiarazione rilasciata da sani.Quali sono i rischi ad esempio?Una persona davanti a una malattia può cambiare idea, può avere delle reazioni che non aveva neanche immaginato da sano. Il rischio è di avere un testamento che non corrisponde più alle sue volontà. Si dice che il 70% degli italiani sarebbe per l’eutanasia. Ma sono i sani che vogliono l’eutanasia. Nel corso della mia carriera professionale non ho mai conosciuto malati che mi chiedessero di morire. Anzi, è accaduto il contrario: mi chiedono di fare tutto il possibile. Sono i depressi che si vogliono uccidere, ma questa è un’altra storia e comunque la depressione si può curare. Per questo ribadisco che è importante informare le persone. Il Movimento per la vita ambrosiano mi ha invitato a dare voce al fronte contrario al bio-testamento, una cosa importante, ma questi incontri aprono porte che spesso sono già aperte. Vorrei invece andare a parlare con chi è a favore dell’eutanasia...L’oncologo Umberto Veronesi è tornato a chiedere che il testamento biologico sia previsto dalla legge, e indica il caso specifico dello stato vegetativo.A differenza del Comune di Milano, dove non viene specificato, Veronesi fa una limitazione importante, ma lo stato vegetativo implica diverse tipologie, ad esempio la coscienza minima o l’irreversibilità. La differenza tra uno stato e l’altro è sottile. Grazie al cielo lo stato vegetativo permanente si applica a pochissimi casi ma è quello che fa più paura. Il bio-testamento con l’idea di aiutare un po’ di persone fa torto a molte altre. Inoltre il grosso rischio è che la società che accetta l’eutanasia accetta anche che il malato terminale è un costo per la società e per la famiglia. E anziché assistere con amore i malati si rischia di spingerli a farla finita: così non soffri più, ma non ci dai neanche più fastidio. E nei Paesi dove c’è l’eutanasia i numeri lo confermano.