Vita

Roma. La Marcia per la Vita si schiera con i più indifesi

Luca Liverani sabato 20 maggio 2017

Le premesse non erano delle migliori, dopo l’acquazzone che fino a a ora di pranzo aveva innaffiato la Capitale. Ma le migliaia di persone arrivate a piazza della Repubblica nel primo pomeriggio per la VII edizione della Marcia nazionale per la Vita trovano un sole splendente. Coppie giovani coi passeggini, anziani, bambini su un trenino gommato, giovani suore, seminaristi, sacerdoti. Bandiere, striscioni e cori mischiati a rosari, icone mariane e crocifissi. Ave marie - in latino come in arabo - e slogan allegri. Ragazze con la faccia dipinta e giovani sacerdoti con la talare. Le tante anime del popolo pro-life colorano un lungo corteo di diverse migliaia di persone.


«No all’aborto» è la parola d’ordine. Ci sono le bandiere del Movimento per la Vita. Le ragazze del Gruppo giovanile di apologetica «Voci del Verbo» strillano «chi non salta/per l’aborto/è/è». Lo striscione del Comitato verità e vita recita: «Non sono un fatto politico, non sono un’invenzione della Chiesa, sono un bambino, guardami». E infatti l’organizzazione della Marcia ha bandito simboli e bandiere partitiche. Tanti i cartelli della Vigna di Rachele, «programma psico-spirituale» per aiutare chi ha abortito. Lo striscione dell’Unione cattolica farmacisti italiani è contro la pillola del giorno dopo: «Obiezione di coscienza, perché mi rifiuto di collaborare a uccidere». Poi delegazioni di movimenti tedeschi, canadesi, spagnoli, francesi. E chitarre, tamburi e una cornamusa scozzese.


Molti manifestano contro l’eutanasia. C’è un cartellone che si appella al Presidente Mattarella: «Fermi la legge sul biotestamento prima che diventi eutanasia legalizzata». Un cartello ricorda il dramma di «Eluana Englaro vittima innocente». Il lungo corteo marcia giù per via Cavour, via dei Fori Imperiali e arriva al palco a Piazza Venezia. Il Papa invia un suo messaggio, a firma del cardinale Pietro Parolin, perché «l’evento possa favorire l’adesione ai valori della vita umana e l’accoglienza di tale incommensurabile dono Divino in tutta la sua affascinante ricchezza». Tra i manifestanti ci sono anche il cardinale Raymon Leo Burke, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, il vescovo Athanasius Schneider.


Dal palco si alternano le testimonianze per la vita. C’è Katia, della Comunità Papa Giovanni XXIII, che racconta di sua mamma, all’epoca dodicenne, violentata dal compagno della madre. Una mamma bambina che resiste ai brutali tentativi di aborto domestico. Oggi Katia aiuta le ragazze immigrate ad abbandonare il marciapiede e a salvare i loro bambini.


C’è Roberto, in coma dopo un incidente, dato per morto dai medici, oggi convinto militante anti-eutanasia. L’imprenditore Roberto Brazzale, nel vicentino, che dà una mensilità in più ai dipendenti che hanno un figlio. Il professor Stephane Mercier, dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio, prossimo al licenziamento per aver trattato in classe il tema dell’aborto. Applauditissima Gianna Jensen, nata a Los Angele nel 1977 nonostante l’aborto al settimo mese che doveva eliminarla. «Alle femministe chiedo: se difendete i diritti delle donne, dove erano i miei diritti quella mattina?».


A concludere è Virginia Coda Nunziante, portavoce della manifestazione: «La piazza è piena, siamo tantissimi. Il popolo della vita vuole essere una presenza positiva che si fa carico di difendere non solo il valore della vita, dono gratuito ed esclusivo di Dio, ma anche tutti coloro che, deboli o indifesi, non possono reagire e vengono scartati dalla nostra società edonista».