Vita

Parigi. Madri surrogate, ecco la Carta di Parigi

Daniele Zappalà sabato 26 dicembre 2015
​Sarà la Francia il primo Paese europeo a prendere l’iniziativa politica e diplomatica per un’abolizione internazionale della pratica della maternità surrogata? Da tempo, diverse petizioni lanciate oltralpe invocano proprio un ruolo guida di Parigi, anche per via di una riconosciuta tradizione della diplomazia francese nel pilotare processi negoziali multilaterali, come si è visto pure nelle ultime settimane con il successo della Cop 21 sul clima. Il prossimo 2 febbraio, come aveva annunciato proprio su queste pagine la filosofa Sylviane Agacinski, a nome dell’associazione femminista Corp (Collettivo per il rispetto della persona), giungerà una sorta di test per comprendere il grado di motivazione delle autorità francesi, con l’organizzazione presso l’Assemblea Nazionale delle «Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata». In un formato particolarmente condensato, nella seconda metà del pomeriggio, l’evento sarà inaugurato da un intervento della deputata socialista Laurence Dumont, nella veste di vicepresidente della stessa Assemblea. Animeranno poi il dibattito una dozzina d’interventi spesso al femminile, con relatrici giunte anche da altri Paesi, come la tedesca Alice Schwarzer, l’austriaca Eva-Maria Bachinger, la svizzera Regula Stämpfli, la svedese Kajsa Ekis Ekman, accanto a Sheela Saravanan, ricercatrice indiana che opera in Germania. «Numerosi responsabili politici europei» dovranno esprimersi, anche se per il momento sono indicati i nomi di tre relatori tutti francesi: la deputata comunista ed ex ministro Marie-George Buffet, l’eurodeputato ambientalista José Bové, noto soprattutto per i trascorsi di carismatico sindacalista agricolo, la socialista Yvette Roudy, classe 1929, che fu ministro dei Diritti della donna tra il 1981 e il 1986 durante il primo settennato di François Mitterrand. L’evento si chiuderà con una firma collettiva della «Carta per l’abolizione universale della maternità surrogata», già disponibile sul sito dell’associazione Corp, dov’è possibile pure firmarla (VAI).Nel documento, la pratica incriminata è definita come «la messa a disposizione del corpo delle donne per far nascere bambini che saranno consegnati ai loro committenti». Il carattere organizzato e industriale sono anch’essi subito evidenziati: «Lungi dall’essere un gesto individuale, questa pratica sociale è realizzata da imprese che si occupano di riproduzione umana, in un sistema organizzato di produzione, che comprende cliniche, medici, avvocati, agenzie etc. Questo sistema ha bisogno di donne come mezzi di produzione in modo che la gravidanza e il parto diventino delle procedure funzionali, dotate di un valore d’uso e di un valore di scambio, e si iscrivano nella cornice della globalizzazione dei mercati che hanno per oggetto il corpo umano». Tutto ciò è organizzato proprio «a vantaggio dell’industria e dei mercati della riproduzione». In questo quadro, prosegue il testo, ci sono donne che firmano «un contratto che aliena la loro salute, la loro vita e la loro persona, sotto pressioni multiple: i rapporti di dominazione famigliari, sessisti, economici, geopolitici». La pratica, sottolinea l’appello, «fa del bambino un prodotto con valore di scambio, in modo che la distinzione fra persona e cosa viene annullata». Dopo una denuncia dell’annullamento della dignità umana implicato dalla maternità surrogata e il ribadito rifiuto della «mercificazione del corpo delle donne e dei bambini», i firmatari esprimono le proprie rivendicazioni, chiedendo «alla Francia e agli altri Paesi europei di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale». L’altro punto, in chiave più positiva, è la richiesta agli stessi Stati di agire «con fermezza per abolire questa pratica a livello internazionale, in particolare promuovendo la redazione, l’adozione e l’efficace messa in pratica di una convenzione internazionale per l’abolizione della maternità surrogata». Sulla base del programma provvisorio, il pluralismo fra le diverse sensibilità culturali e politiche che si sono già espresse in Europa contro l’utero in affitto non sembra la priorità dell’evento, il quale lascerà la parola soprattutto a relatrici abituate ad associare il proprio impegno agli schemi «laico-progressisti» europei dell’ultimo mezzo secolo, ben più che a un quadro di più ampio respiro nel solco umanistico occidentale, con il suo personalismo tradizionalmente irrorato da un’ispirazione cristiana. Anche sul piano politico, le personalità francesi annunciate finora appartengono tutte alla gauche. Le auspicate prospettive di consenso trasversale nella battaglia contro l’utero in affitto potrebbero dunque dover attendere altri appuntamenti per potersi davvero manifestare.