Vita

Dopo l'intervista alla Lorenzin. «Il piano per la fertilità? Una rivoluzione»

Stefania Careddu sabato 22 marzo 2014
Grande interesse suscita la proposta lanciata con l’intervista ieri ad Avvenire dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per un piano nazionale sulla fertilità. «Sono molto contenta che il ministro abbia posto l’accento su una questione di questa portata: bisogna costruire da capo una cultura della procreazione che manca totalmente», osserva Eleonora Porcu, responsabile del Centro sterilità dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Si tratta di «una costruzione con tanti mattoncini solidi che educhino ai concetti della fertilità sin da piccoli, in modo sistematico, pulito, trasparente, non ideologico, aperto al benessere legato alla soddisfazione della naturale propensione alla procreazione». Ciò che serve è una vera «rivoluzione culturale» che faccia luce anche sul «mortale equivoco che fa credere di poter sostituire la fecondazione naturale con quella assistita». «La medicina della procreazione – ricorda Porcu – può aiutare, collegare percorsi che non funzionano, ma di fronte a un numero limitato di ovuli, che diventano di qualità scadente con il passare del tempo, non può niente». La battaglia va spostata dunque sul piano informativo e culturale. «È bene che una donna sappia di poter organizzare i suoi anni più fertili pensando a metter su famiglia e ai nuovi figli, che rappresentano il futuro di un Paese al momento a corto di energie», spiega Paola Ricci Sindoni, filosofa e presidente nazionale di Scienza & Vita. «Occorre ribaltare – dice – l’idea che una giovane donna debba forzatamente scegliere tra i figli e il lavoro, concezione che decenni di campagne hanno consolidato». La proposta di un piano per la fertilità che metta l’accento sull’esistenza «di un limite che va considerato e rispettato» aggiunge Giuliana Mieli, psicoterapeuta esperta in maternità, deve essere accompagnato «da un’educazione all’affettività già nelle scuole che faccia comprendere qual è la responsabilità dei genitori» e da «politiche che concilino lavoro e famiglia, permettendo alle donne e agli uomini di essere madri e padri». «Era ora che un ministro si accorgesse della denatalità», esulta Carlo Foresta, andrologo, presidente della Società italiana di fisiopatologia della riproduzione. «Nel 2011, a fronte di 510mila bambini nati, ci sono state 111mila interruzioni di gravidanza: è un dato estremamente grave», evidenzia Foresta, ricordando che «la denatalità può essere affrontata più che con tecnologie di riproduzione assistita attraverso una campagna di vera prevenzione per donne e per uomini». «Il problema dell’età avanzata per il primo figlio – aggiunge – riguarda le une e gli altri, e non è a costo zero per la società. Il figlio di un uomo non più giovane, infatti, frequentemente presenta alterazioni geniche che possono generare seri problemi». Secondo Foresta, che anima una campagna di prevenzione per gli uomini con visite gratuite, è strategico tener presente l’universo maschile e lavorare per «cambiare il senso di responsabilità della genitorialità». Estesa l’eco delle parole di Beatrice Lorenzin anche tra associazioni e partiti. L’auspicio di Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori, è che alle dichiarazioni seguano «fatti concreti che segnino il ritorno in primo piano delle tutele per la persona e per la famiglia». «Le nostre prossime battaglie saranno le deduzioni per l’educazione dei figli e il no all’abolizione delle detrazioni per il coniuge a carico», promette Gaetano Quagliariello, coordinatore nazionale del Ncd. Per Maurizio Gasparri, vice presidente del Senato (Forza Italia), occorre «riportare la discussione su questi temi proprio in un momento in cui altri, anche in Parlamento, si sono riattivati per istituire la morte di Stato, l’eutanasia». «Stiamo rubando ai giovani il diritto alla maternità e alla paternità e tentiamo anche di convincerli che è meglio così: coppie precarie e convivenze provvisorie, ovviamente senza bambini, secondo quella cultura dell’usa e getta deprecata da Papa Francesco», conclude Rocco Buttiglione, Udc, che si augura che «la riflessione avviata dal ministro Lorenzin venga proseguita collegialmente dal governo e da tutta la politica italiana».