Vita

L'inchiesta. Dal Canada a New York, l'inganno della surrogata «solidale»

Elena Molinari giovedì 6 aprile 2023

L'immagine di JA Surrogacy su Facebook

Jeffrey Ngan e Kevin Tsai, due gay cresciuti in Canada ma residenti a Taiwan, hanno già coniato una definizione per le due donne canadesi che stanno portando in grembo un bambino ciascuna per contro della coppia. Quando i due bambini saranno abbastanza grandi per capire o per fare domande sull’esistenza di una mamma, i padri spiegheranno che sono nati ciascuno da una “tummy mummy”, una “mamma di pancia”. Niente di più.

I due uomini dicono di trovare conforto nel fatto che le signore che stanno portando a termine le gravidanze parallele – una fecondata con il seme di uno, una dell’altro – non sono pagate e che agiscono in modo altruistico. In effetti, retribuirle in Canada sarebbe illegale. L’Assisted Human Reproduction Act del 2004 proibisce di pagare una madre surrogata per i suoi servizi. Ma Ngan e Tsai calcolano che i due neonati costeranno loro circa 10mila dollari l’uno.

La legge canadese, infatti, non elimina l’aspetto commerciale della transazione, creando una versione “ufficiale” della maternità surrogata che parla solo di motivazioni compassionevoli, e una “reale”, visibile attraverso le pubblicità delle numerose agenzie che si contendono il crescente mercato, che promette alle madri in affitto compensi dai 30mila ai 45mila dollari canadesi.

La scappatoia è quella dei “rimborsi spese”, ai quali le madri hanno diritto nel corso della gravidanza e nei mesi immediatamente successivi. La legge che permette la cosiddetta gestazione surrogata “solidale” elenca come rimborsabili spese come cibo, vestiti, vitamine e trasporto. Le cifre sono considerevolmente aumentate a partire dal 2020, quando il Ministero della Salute ha autorizzato anche il rimborso di “ore di lavoro perse” e di spese relative al mantenimento degli animali domestici.

Alla fine, nonostante lo spirito della legge sia di sottolineare l’aspetto “altruistico” della gestazione conto terzi, fra rimborsi alla madre, pagamenti alle agenzie intermediarie (che superano i 10mila dollari), parcelle legali e clinica della fertilità, un bambino ottenuto attraverso un utero in affitto costa a una coppia fra gli 80mila e i 100mila dollari.

Le transazioni fra genitori committenti e madre surrogata in Canada vengono gestite dalle agenzie intermediarie.

Queste – se ne contano oltre 20, in un Paese da 38 milioni di abitanti – per operare non hanno bisogno di una licenza e non sono sottoposte ai controlli del governo federale. E competono liberamente per reclutare abbastanza donne per soddisfare quello che la rete pubblica Cbc ha definito un «settore fiorente senza supervisione e trasparenza», che lo scorso anno ha portato alla nascita di circa 800 bambini (erano 249 nel 2017). I media canadesi raccontano di numerosi genitori committenti che hanno versato dai duemila ai tremila dollari al mese alle donne che portavano in grembo il “loro” figlio, ottenendo dall’agenzia ricevute parziali, doppie o con date precedenti la gravidanza.

Ma in una situazione dai contorni grigi sono soprattutto le madri surrogate a trovarsi fra l’incudine e il martello. Sempre i media canadesi raccontano di come molte donne si siano sentite manipolate e tradite da agenzie come la JA Surrogacy che promettevano «almeno 30mila dollari di retribuzione», salvo poi minacciarle se mandavano scontrini della spesa troppo elevati, con multe salate o persino la prigione, come prevede la legge per chi la trasgredisce.

Forse anche per questo ogni anno nel Parlamento federale canadese si levano voci di deputati o senatori che invitano a far cadere il velo dell’ipocrisia e a legalizzare la maternità surrogata commerciale, come avviene già nella maggior parte degli Stati americani.

Spesso viene citato il caso del vicino Stato di New York, giusto a sud del Quebec e dell’Ontario, dove nel 2021 la maternità surrogata retribuita è diventata legale dopo decenni di divieto, che aveva creato la situazione esistente oggi in Canada. La stessa cosa è avvenuta nel New Jersey nel 2018 e nello Stato di Washington nel 2019.

Ma non mancano le voci contrarie, che invitano invece a monitorare più da vicino il business degli uteri in affitto. «Il Canada è già diventato una delle destinazioni privilegiate del turismo della procreazione su scala internazionale» denuncia l’Associazione per i diritti delle donne del Quebec, che ha chiesto al Senato di non permettere la commercializzazione della gravidanza per conto terzi e di imporre più regole alle agenzie. Il gruppo fa notare che il mercato degli uteri in affitto si svolge soprattutto sulle reti sociali, dove le agenzie cercano aggressivamente donne in età fertile con promesse illegali e senza alcuna tutela per la loro salute.

I ginecologi del Mount Sinai Hospital di Toronto, ad esempio, hanno denunciato che la legge non prevede consulenze mediche o psicologiche per le madri surrogate preliminari alla firma di un contratto, con il risultato che molte agenzie spingono le donne ad affittare il loro ventre tre volte consecutive, con un minimo intervallo fra il parto e l’avvio di una nuova gravidanza.