Vita

Ottawa. Il Canada legalizza il suicidio assistito

Francesco Ognibene venerdì 6 febbraio 2015

La Corte suprema del Canada ha dichiarato che il divieto per i medici di aiutare una persona a darsi la morte contenuto nel Codice penale violerebbe la Carta dei diritti e delle libertà. La sentenza, lungamente attesa e dibattuta, rende dunque legale il suicidio assistito impedendo alla giustizia di perseguire i medici che lo praticano. La Corte dà ora un anno di tempo al governo federale di Ottawa per modificare la legge che vieta l’assistenza al suicidio. La sentenza dà ragione a Lee Carter che accompagnò la moglie Kay in Svizzera dove il suicidio assistito è legale e al suo ritorno fece causa allo Stato. Un classico "caso-pilota" – tutto il mondo è paese – che sfonda il muro issato nel 1993 dalla stessa Corte quando si pronunciò per l’obbligo dello Stato di «proteggere la persona vulnerabile» anche quando questa scelta che parrebbe indiscutibile viene messa in dubbio dalla cosiddetta autodeterminazione individuale. La nuova decisione della Corte suprema federale aggiunge il Canada ai Paesi (Belgio, Olanda e Svizzera, oltre agli Stati americani di Washington e dell’Oregon, dove di recente si è data la morte Brittany Maynard) nei quali è legale il suicidio assistito. I nove giudici che compongono il tribunale supremo del Canada hanno stabilito all’unanimità che è lecito per un medico aiutare una persona a uccidersi quando questa sia «un adulto competente che chiaramente acconsente a terminare la sua vita e che ha una condizione medica grave e irrimediabile (includendo una malattia, un disturbo o la disabilità) la quale gli causi sofferenze durevoli e intollerabili». Nell’aprile 2010 il Parlamento di Ottawa aveva respinto a schiacciante maggioranza la proposta di legalizzare l’eutanasia, ma l’anno successivo il caso di Lee Carter (89enne affetta da malattia neurodegenerativa) aveva dato il via alla procedura che ha portato ad aprire un varco alla morte procurata e a richiesta con la benedizione delllo Stato. Per cercare di convincere l’opinione pubblica canadese che l’accettazione della possibilità di darsi la morte fosse un passo molto grave la Chiesa cattolica canadese aveva intrapreso una campagna di informazione capillare. Ma sulla testa del Paese diviso e perplesso ha deciso un collegio di giudici, che si è assunto una responsabilità morale immensa.