Vita

STORIE. «Il bavaglio della Sla non mi impedisce di parlare»

Riccardo Liguori giovedì 16 dicembre 2010
Annamaria Matteini, 68 anni, malata di Sla da due, ha tanta voglia di «parlare», soprattutto di trasmettere la sua voglia di vivere alimentata dalla sua incrollabile fede. Lo ha fatto un paio di giorni prima dell’appello al «fateli parlare» del direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Annamaria è ospite della «Residenza protetta Fontenuovo Onlus» di Perugia, la struttura fiore all’occhiello per l’assistenza di anziani non autosufficienti della Chiesa diocesana, fondata nel 1885. Pur provata dalla malattia che non le permette di parlare né di muoversi, Annamaria è una donna coraggiosa, che, con la «sua» Sla, educa alla vita, alla carità, dando speranza e tanta forza a tutti. È di esempio per quei giovani sempre più allo sbando nel rincorrere una vita vuota. Si può costruire il senso della propria vita conoscendo anche Annamaria, che ci insegna a come metterci al servizio del prossimo.Per lei è stato di vitale importanza saper utilizzare il computer quando era efficiente. A insegnarglielo furono i suoi amici sacerdoti coreani ospiti della Casa del clero di Perugia, dove prestava servizio come direttrice. «Annamaria comunica attraverso il sistema oculare – spiega Simonetta Cesarini, medico geriatra e direttore sanitario della Fontenuovo – grazie all’unico movimento dei muscoli del collo e della testa che le è rimasto, così da riuscire a interagire con un apposito pc programmato per questo tipo di malattia che le permette di comunicare anche all’esterno».Incontrando Annamaria le abbiamo chiesto se potevamo divulgare la sua storia e lei, senza esitare, ha risposto: «Potete raccontare tutto ciò che dico, ma cancellate pure quello che volete. Sono logorroica. Dico sempre che sono malata, ma non disperata. Grazie a voi che mi ascoltate». Conversiamo con lei, ricordando quando lavorava alla Casa del clero... Annamaria, come un fiume in piena, inizia a scrivere con gli occhi quella parte della sua vita accanto ai sacerdoti: «Ho fatto le veci del parroco per molto tempo prima a Ripa e poi a Fratticiola Selvatica. Quindi mi sono sempre sforzata di essere più comunicativa possibile. Anche alla Casa del clero ho fatto amicizia con molti preti stranieri. Ma adesso sono entrata in una dimensione particolare della mia vocazione, quella del silenzio. Prima penso che c’era troppo di mio nel servire il Signore e adesso sono sicura che questa è la sua volontà. Non ho nulla da nascondere a iniziare dalla mia malattia, la Sla, anzi sono contenta che il Signore abbia scelto me piuttosto che qualcun altro. Quando ho capito quale era la malattia ho chiesto di venire qui. Dico che questo è il mio "Brufani" (l’hotel a 5 stelle più lussuoso di Perugia, ndr), infatti mi trovo bene».Se 125 anni fa Fontenuovo era un luogo di ricovero per persone povere (fu aperto dopo che un uomo morì di stenti per strada), oggi è una struttura per l’assistenza socio-sanitaria di anziani non autosufficienti di tutto rispetto, che ha ottenuto l’accreditamento dall’assessorato regionale alla Sanità. Attualmente ospita 114 anziani, di cui 84 a Perugia e 30 a Marsciano, presso la succursale «Casa di Accoglienza Maria Immacolata», e dà lavoro a 106 persone tra medici, paramedici e amministrativi. Il personale è affiancato da diversi volontari, in gran parte dell’associazione perugina di volontariato promossa dalla Caritas.Ci congediamo da Annamaria cogliendo un aspetto non secondario di lei, cioè la sua consapevolezza nell’essere stata per lunghi anni una persona che ha accolto e assistito gli altri mentre oggi è lei a esserlo: «Forse non avrei capito questo momento se non avessi avuto l’esperienza della Casa del clero che mi ha aiutato a comprendere la complessità organizzativa di queste nostre strutture ecclesiali di accoglienza».