Vita

Fondazione Airc. «Tumore al seno, manca tanto così...». È caccia alle metastasi

Graziella Melina sabato 15 ottobre 2022

Lucia Del Mastro

Se nell’ultimo trentennio la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi di un tumore al seno in Italia è cresciuta dal 78 all’88% lo si deve soprattutto all’impegno e alla passione di scienziati come Lucia Del Mastro, ricercatrice Airc dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino e dell’Università di Genova, volto della campagna 2022 Nastro Rosa Airc in corso. «Grazie alla ricerca oggi c’è un’accelerazione incredibile soprattutto per quando riguarda i nuovi farmaci – spiega Del Mastro –. È stato un processo veramente straordinario rispetto a quando abbiamo iniziato gli studi sul tumore al seno».
A che punto sono ora le ricerche?
Stiamo lavorando a capire se con un semplice prelievo di sangue – la "biopsia liquida" – è possibile studiare le caratteristiche biologiche del tumore, in particolare il triplo negativo. Vogliamo provare a comprendere se è possibile identificare le alterazioni. Questo poi ci servirà per modificare il trattamento.
Per evitare possibili terapie inefficaci?
In genere il paziente si sottopone alla chemioterapia ed eventualmente all’immunoterapia prima della chirurgia. In questo modo riusciamo a distinguere i tumori che scompaiono completamente con la chemioterapia – quelli che hanno la prognosi migliore e una probabilità molto bassa poi di determinare lo sviluppo di metastasi – dai tumori che invece, nonostante chemioterapia e immunoterapia, lasciano un residuo. Sappiamo che questi ultimi sono i tumori che purtroppo hanno una maggiore probabilità di determinare metastasi. Però, a oggi, non abbiamo marcatori che riescono a distinguere, prima di cominciare la chemioterapia, il tumore che risponderà al trattamento da quello che non risponderà.
Quanto tempo vi servirà per scoprirlo?
Questo progetto, che stiamo conducendo anche grazie a Fondazione Airc, è in corso ormai da 4 anni: c’è stato lo stop per la pandemia e chiesto una proroga. Dovremmo concluderlo nel 2024. Siamo ancora in fase di analisi, però abbiamo già osservato che, prelevando una parte del tumore della paziente, nonostante vengano classificati tutti come triplo negativi, in realtà sono molto diversi tra loro. E le cellule che rilasciano in circolo sono diverse da tumore a tumore. In sostanza, il nostro tentativo è capire la biologia del tumore con un semplice prelievo di sangue. Questo potrebbe consentire poi di seguire le pazienti nel tempo, ed eventualmente puntare su tutti i tumori solidi, non solo quelli della mammella.
Lei ha anche studiato come preservare la fertilità...
Quando facciamo la chemioterapia sappiamo che ci può essere una perdita della funzione ovarica come effetto tossico, con effetti sulla fertilità. Avevamo ipotizzato che, se somministriamo un farmaco che mette a riposo le ovaie, queste vengono rese resistenti agli effetti tossici della chemioterapia. Al trattamento nelle donne più giovani in genere associamo anche il prelievo degli ovociti con il loro congelamento.
Da quando ha iniziato i suoi studi come è cambiata la ricerca?
Sicuramente oggi abbiamo a disposizione maggiori risorse economiche e più strutture laboratoriali. La stessa gestione degli studi clinici oggi è molto più automatizzata. La stragrande maggioranza delle sperimentazioni coinvolge centri oncologi in tutto il mondo, e questo consente di portare avanti le ricerche molto più rapidamente. Gli studi che abbiamo condotto all’inizio erano pionieristici, realizzati in un’epoca in cui questo argomento non interessava molto. Infatti siamo stati i primi al mondo a dimostrare la possibilità di preservare la fertilità.
Su cosa puntano ora gli studi in questo ambito?
Ormai c’è un’accelerazione incredibile soprattutto per quando riguarda i nuovi farmaci, di gran lunga superiori ai 30 anni precedenti. Quando ho cominciato a fare l’oncologa l’immunoterapia, per esempio, non esisteva. Adesso abbiamo cominciato a utilizzarla con nuovi farmaci, come gli anticorpi coniugati: si tratta di anticorpi cui sono state legate molecole di chemioterapico, con la capacità di portare il farmaco direttamente all’interno della cellula tumorale. Questi trattamenti negli ultimi due-tre anni hanno dato risultati fantastici.
Come ricercatrice ha a che fare anche con pazienti che purtroppo non ce la fanno. Come affronta queste situazioni?
Ci si lega molto a tutte le storie. Per questo è molto importante un percorso personale di gestione del dolore. Alcuni di noi fanno corsi di formazione che insegnano a fronteggiare le situazioni particolarmente coinvolgenti dal punto di vista emotivo.
Visti i sacrifici e il tempo dedicato alla ricerca, rifarebbe la stessa scelta?
Sono fortunata perché il percorso legato alla preservazione della fertilità mi ha dato soddisfazioni enormi. Quando le pazienti mi portano i loro bambini per me è una gioia enorme. Certo, era un po’ faticoso quando avevo i figli piccoli. Però per fare questo mestiere bisogna proprio volerlo, e crederci. E poi occorre darsi un obiettivo: "io farò qualcosa di molto piccolo, aggiungerò una tessera per cercare di migliorare la cura dei pazienti con tumore". Senza questa motivazione l’oncologia non avanza.

La campagna di Fondazione Airc: «Tutti impegnati»
Nel mese di ottobre, legato alla prevenzione del cancro al seno, sono ormai numerosissime le iniziative di sensibilizzazione, che spesso coinvolgono le pazienti oncologiche e le scienziate, rese testimonial del valore della ricerca. Protagonista la campagna di Fondazione Airc per la Ricerca sul cancro che, con il volto di Lucia Del Mastro, intervistata in questa pagina, esorta a donare fondi e ricorda che «nel mese del Nastro Rosa è importante la partecipazione di tutti, perché contro il cancro al seno ci manca davvero poco, ma c’è molto da fare».