Vita

Famiglia. «Figli, ora si parta dalla realtà»

Angelo Picariello venerdì 29 marzo 2019

Basta esibizioni di ortodossia a favore della famiglia in grado di scatenare reazioni uguale e contrarie lasciando alla fine le cose esattamente come sono. L’associazione "Liberi e forti", sorta in occasione del centenario del celebre appello di don Sturzo, prova a dare risposte – sulla famiglia – partendo dalle "sfide della realtà" più che dagli slogan e propone un «dialogo autentico e sereno» su un tema che dovrebbe unire tutti, non foss’altro in nome della lotta alla drammatica denatalità, e invece «suscita immediati contrasti».

Al piccolo auditorium "Aldo Moro" di via del Campo Marzio la professoressa Assuntina Morresi, del comitato nazionale di bioetica, critica duramente l’impostazione del ddl di Simone Pillon, il senatore della Lega che è fra i più attesi relatori del convegno di Verona: «Non si è capito che il vero rischio che corre la famiglia oggi è sul piano antropologico», avverte la bioeticista. «È stata indebolita e retrocessa a rete parentale da un grande mercato del corpo, soprattutto della donna, e questo ne ha cambiato la sua consistenza», spiega. Morresi parla di co-parently, un istituto di derivazione americana che tratta i coniugi come intestatari di diritti e doveri, all’infuori di una relazione, dando luogo a «un modello che depotenzia la famiglia». ù

E sarà che questo governo rimanda tutto all’idea di contratto, «quello che persegue, alla fine, la legge Pillon – sostiene Morresi – è proprio un modello contrattuale». Lo stesso dicasi per i patti-prematrimoniali che sono fra le proposte della maggioranza. «Ma così si finisce per disincentivare il matrimonio, siamo andati in piazza per la famiglia non certo per portare avanti un modello del genere», denuncia Morresi. Che strappa un applauso in sala quando ricorda di aver inserito nel curriculum, nel concorso a professore associato di chimica fisica, i tre figli avuti in 4 anni «che mi impedirono di presentare pubblicazioni».

Un concetto di valore sociale della maternità che Beatrice Lorenzin, a nome di "Civica popolare" approva e fa suo. «A che cosa serve - si chiede - questa ennesima radicalizzazione? Non certo a portare acqua al mulino della famiglia. E mi chiedo che cosa c’entri l’odio con l’idea di famiglia. Questo ministro – dice Lorenzin riferito a Lorenzo Fontana – l’unica risposta che è riuscito a dare, sulla famiglia è la concessione di un campo ad uso agricolo. Sarò fissata sulla demografia – conclude l’ex ministro della Salute – ma qui siamo oltre la famiglia ammortizzatore sociale». Ormai neanche quello riesce più ad essere, con la crisi le famiglie con figli sono in gran numero oltre la soglia di povertà. «E questo trend mette a rischio il futuro del nostro sistema di Welfare».

Allora questo incontro a più voci è «per affermare che tutto questo parlare di famiglia che vede contrapposti da un lato gli attivisti clericali di Verona e dall’altro i paladini dei diritti lascia in mezzo la realtà, ossia la famiglia», interviene il dem Beppe Fioroni. È urgente ora «un coordinamento di interventi che non è mai riuscito prima» e soprattutto «un piano sul tipo di quello messo in piedi da Fanfani, con la differenza che si era allora in pieno boom economico, e oggi siamo in recessione, e quindi bisogna agore usando soprattutto la leva fiscale», propone l’ex ministro dell’Istruzione.

Attacca il «propagandismo di chi andava in piazza per la famiglia» anche Renato Balduzzi, che rappresenta l’associazione Mondi Vitali. «E se c’è un mondo vitale questo è la famiglia», ricorda l’ex ministro della Sanità. Che segnala un rischio derivante dal processo, ancora irto di incognite, dell’autonomia regionale differenziata, «che mette a rischio l’erogazione su tutto il territorio nazionale di servizi che sono vitali per la famiglia».

La strada che indica Giancarlo Infante, a nome dell’associazione Insieme, chiama a raccolta l’associazionismo cattolico, con l’obiettivo - spiega - di «andare oltre la logica dei fronti contrapposti, che ci ha condannato per troppo tempo all’irrilevanza».

All’incontro arrivano le adesioni anche di Lorenzo Dellai e Giuseppe De Mita, della "Rete bianca". «No al fondamentalismo, no al radicalsimo etico», recita il documento finale. Che richiama Aldo Moro e a la sua «cultura del confronto».