Vita

PROCREAZIONE. Non si fermano i ricorsi dei giudici contro la legge 40

Emanuela Vinai martedì 23 aprile 2013
Nuovo rinvio alla Corte Costituzionale per la Legge 40. Il tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 4 che vieta la fecondazione eterologa. Secondo i giudici fiorentini, il divieto contrasta con l’articolo 3 della Costituzione, con «una evidente violazione del principio di ragionevolezza inteso come corollario del principio di uguaglianza». Secondo quanto reso noto dai legali Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, e Gianni Baldini, docente di Biodiritto dell’Università di Firenze «una coppia si era rivolta all’Associazione Luca Coscioni, perché pur potendo accedere alla fecondazione assistita in quanto sterili, la legge 40 vieta l’unica tecnica che potesse dare loro una gravidanza: l’eterologa».È la terza volta in meno di un mese che, da un tribunale ordinario, viene sollevato di fronte alla Consulta un ricorso relativo alla fecondazione eterologa. La prima ordinanza è del 4 aprile scorso da parte dei giudici di Milano, seguita dal ricorso del tribunale di Catania il 13 aprile, e, oggi, dal tribunale di Firenze. In realtà questi atti non giungono del tutto inaspettati, ma si situano nel prosieguo del primo rinvio della Consulta nel maggio 2012. Proprio la Corte Costituzionale, investita una prima volta della questione, aveva restituito i rispettivi ricorsi ai tribunali ordinari di Firenze, di Catania e di Milano invitandoli a un rinnovato esame dei termini delle questioni. Invitandoli cioè ad accertare, alla luce della sopravvenuta sentenza in materia della Corte di Strasburgo, «se ed entro quali termini permanga il denunciato contrasto», che li aveva spinti a sollevare la questione di legittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa. Nel novembre del 2011, infatti, la Grand Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo aveva considerato valido e legittimo il no, stabilito da un tribunale austriaco, al ricorso alla donazione di gameti esterni che aveva impedito a due coppie il ricorso a tecniche di fecondazione eterologa.Molte le reazioni alla notizia. Plaude all’ordinanza l’associazione Cecos Italia, che raggruppa i maggiori Centri di fecondazione artificiale, e chiede un cambiamento della legge 40 per dare «risposte concrete a tantissime coppie». Sulla stessa linea il ginecologo Carlo Flamigni, che vede nel ricorso «la concreta possibilità di sanare la violazione dei diritti di molte coppie italiane, oggi obbligate ad un insopportabile esilio procreativo per vedere riconosciuti i propri diritti di cittadinanza». Di una legge «smontata dal buon senso» ha parlato Claudio Giorlandino, segretario della Società italiana di Diagnosi prenatale e Medicina materno fetale, mentre i Radicali chiedono «un intervento urgente del Parlamento per consentire alle coppie italiane di accedere all’eterologa».Giudizio di tutt’altro segno arriva dall’Associazione Scienza & Vita che, per voce della vicepresidente vicaria, Paola Ricci Sindoni, ricorda come questo ricorso concorra ancora una volta «a una costante opera di delegittimazione per via giudiziaria della Legge 40, quando è noto che il divieto di eterologa risponde a precise e fondate esigenze di tutela dei bambini, della coppia, della famiglia e della società». Anche per Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica «nel divieto di fecondazione eterologa in realtà non è in gioco la salute riproduttiva della coppia, perché anche ricorrendo ad essa, la coppia resta infertile o sterile. Il divieto, invece, è volto a tutelare il diritto del nascituro a essere generato dalla stessa coppia sociale che lo crescerà, impedendo così la legalizzazione della dissociazione tra le figure parentali».Secondo le previsioni di uno degli avvocati ricorrenti «presumibilmente l’udienza della Consulta sarà fissata fra giugno e settembre». Il condizionale è d’obbligo considerando che, come formulato da autorevoli giuristi, sarebbe singolare che la Corte Costituzionale, dopo aver già una volta ricusato tale presunta grave incostituzionalità, la accogliesse ora sulla base degli stessi argomenti.