Vita

La Giornata per la vita. Il card. Farrell: dialogo, non scontri per aiutare la famiglia

Luciano Moia sabato 28 gennaio 2017

Il cardinale Farrell e la copertina di Noi famiglia & vita in edicola domenica 29 gennaio 2017

Famiglia e vita. L’associazionismo che si ispira ai valori cristiani deve moltiplicare gli sforzi per promuovere, sostenere e difendere. Meglio «prevenire le scelte sbagliate, piuttosto che doverle poi combattere successivamente». Meglio «intervenire tempestivamente quando ci sono in discussione proposte, pericolose per la famiglia e la vita», piuttosto che essere poi costretti a rincorrere. Ma in questo confronto è opportuno puntare sempre sul dialogo, non ragionare in modo ideologico, mai alzare i toni e rischiare di esasperare i conflitti. Anzi, occorre «privilegiare la strategia della proposta, mostrare la ragionevolezza delle nostre posizioni, basandoci soprattutto sui fatti». Sono i consigli del cardinale Kevin Jospeh Farrell che dal 15 agosto scorso è prefetto del nuovo Dicastero vaticano Laici, famiglia e vita. In questa intervista, la prima in cui esprime in modo circostanziato e approfondito il suo parere, affronta una serie di questioni centrali partendo dal tema della "Giornata per la vita" ma allargandosi poi a considerare altre questioni fondamentali: dalla crisi demografica all’emergenza educativa, dalla necessità di accompagnare i giovani al matrimonio alla necessità di rinnovare la pastorale familiare.

Da 39 anni la Chiesa italiana celebra la prima domenica di febbraio la "Giornata per la vita". Ma in tutto l’Occidente, tranne in Francia, la natalità è in forte calo, ampiamente al di sotto del tasso minimo per il ricambio naturale della popolazione. Le cause sono economiche, sociali ma anche culturali, come se i nostri giovani avessero perso le speranze nel futuro. Quali, a suo parere, le cause di questa situazione?
Da anni l’Europa vive il cosiddetto "inverno demografico". C’è da preoccuparsi seriamente e a vari livelli. La colpa maggiore non è dei giovani, ma della cultura economica e politica, che è individualista, materialista, consumista e utilitaristica. Quest’ultima, però, è miope perché la denatalità comporta gravi rischi economici, sociali, culturali. Già in alcuni Paesi sono insostenibili il pagamento delle pensioni e l’assistenza agli anziani per mancanza di risorse economiche ed umane. Neppure l’immigrazione potrà essere sufficiente a riempire i vuoti e per di più, se non è ben governata, potrebbe compromettere la continuità dei popoli europei e la trasmissione del loro patrimonio culturale. In questo senso l’inverno demografico insieme al riscaldamento dell’atmosfera dovrebbero preoccuparci davvero.
La fatica dei giovani a sperare nel futuro ha a che vedere con questa grande crisi dell’Europa, che preoccupa la Chiesa e le famiglie, ma comincia a preoccupare anche la politica. È la crisi della civiltà degli individui, dei singoli (vedi la crescita dei singles per scelta), che può illudere soprattutto i giovani dando l’impressione di una maggiore libertà, ma in realtà è il contrario. È significativo da inchieste recenti che le persone che si dichiarazione più felici, la percentuale è più alta tra gli sposati che non tra i singles.
Lo smarrimento di tanti giovani ha alle spalle un’altra crisi legata alla famiglia, quella dell’educazione. I figli hanno bisogno dei genitori, è indispensabile per il loro equilibrio psicologico, umano, per l’educazione ai valori fondamentali e alle virtù sociali; oggi i figli spesso non hanno i genitori perché o sono divisi oppure sono assenti; da qui l’aumento della fragilità psicologica, il sentimento di indifferenza e insensibilità. Tutto questo, seppure sommariamente, dà il quadro della crisi della famiglia, specialmente in Europa.
D’altra parte nella stessa Europa sta crescendo una certa attenzione verso i beni della vita e della famiglia proprio a partire dalla questione demografica. Sono diversi gli studi e le raccomandazioni delle istituzioni europee che riguardano la promozione di politiche favorevoli alla famiglia (Creazione di servizi di assistenza per bambini, sostegno per l’educazione e la cura dei figli, protezione della maternità contro le discriminazione lavorative, conciliazione della vita professionale e familiare, prevenzione dell’abbandono dei neonati). Su tutto mi preme dire che non solo in Europa, ma anche in altre parti del mondo, pur se in aree molto diverse fra loro, ci sono anche delle famiglie esemplari, comprese famiglie numerose per scelta consapevole, come pure ci sono tanti movimenti, associazioni, forme di aggregazione e reti tra famiglie che sono un bellissimo segno di speranza.

Anche il Papa, come scrivono nel messaggio i vescovi italiani, indica spesso la necessità di "sognare in grande" per aiutare i giovani a trovare il coraggio "di fare della loro vita una famiglia". Come la Chiesa può aiutare i tanti giovani indifferenti o sfiduciati del nostro tempo a inserire nel loro futuro un progetto di famiglia?
Come accennavo prima, le stesse inchieste sociologiche mostrano che i giovani, un po’ come gli adulti, hanno in cima alla scala dei loro valori la famiglia stabile e la famiglia con figli. In Italia addirittura il 91% degli intervistati mette in cima ai valori la famiglia, al secondo posto il lavoro, poi la religione e la politica. Negli ideali la famiglia c’è ancora perché è scritta nel cuore delle persone e nel cuore di Dio; poi certo ci sono anche tante difficoltà psicologiche, culturali, economiche che fanno procrastinare la formazione della famiglia e rendono sempre molto incerti e insicuri i giovani prima del matrimonio e anche dopo. Bisogna creare, di nuovo e meglio, un ambiente più favorevole alla famiglia, sia alla sua formazione, sia al suo mantenimento.

Nella situazione di crescente disaffezione verso il matrimonio la Chiesa, come parte integrante della società, quali colpe si riconosce? Papa Francesco spiega che "a volte abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta…" (Al 36). Quanto ha pesato, a suo parere, questa pretesa di leggere la realtà con parametri solo ecclesiali
Tutto parte da come si educa all’amore. Questo chiama in causa, con le famiglie, la stessa Chiesa. Il desiderio del proprio bene è spontaneo e potente. Ma l’amore di desiderio si deve compenetrare con l’amore di donazione; la ricerca del proprio bene si deve armonizzare con la ricerca del bene degli altri. Possiamo essere veramente e pienamente felici solo insieme. Bisogna fare esperienza della verità che "C’è più gioia a donare che a ricevere" (At 20,35). Altrimenti non c’è educazione all’amore. Se già il dono è gioia, ancora più grande è la gioia del dono reciproco, della dedizione reciproca al bene dell’altro. Nella dinamica dell’amore, desiderio e dono, deve essere integrata la sessualità. Giustamente è stato detto che la differenza dei sessi è altruismo scritto nel corpo e nell’anima. Il sesso è linguaggio ed energia per comunicare e per aiutarsi reciprocamente a crescere. Il significato autentico si realizza quando il piacere, il sentimento di tenerezza e il dono reciproco totale sono uniti in una sola esperienza complessiva. Giustamente Benedetto XVI ha affermato che la Chiesa non deprime, ma esalta l’eros e la sessualità.
Oggi è un pregiudizio molto diffuso quello di considerare la Chiesa nemica dell’amore umano e della gioia di vivere. Bisogna ripetere continuamente, in ogni occasione opportuna, che è vero esattamente il contrario. Per questo grande compito educativo indispensabili sono le coppie stesse di coniugi, animatrici di altre coppie, in vista dell’educazione all’amore degli stessi bambini, degli adolescenti e dei giovani; così pure la preparazione dei fidanzati alla vita matrimoniale con un itinerario di fede e di vita cristiana, dottrinale e pratico.
Per quanto riguarda le colpe della Chiesa vorrei ribadire che la Chiesa, in quanto opera di Cristo diretta a comunicare la vita di grazia e la verità salvifica, è santa; ma i suoi membri, uomini e donne di questo mondo, sono più o meno santi, più o meno peccatori. Perciò nella Chiesa ci sono luci e ombre. Purtroppo molto spesso, e soprattutto i mezzi di comunicazione, ignorano le luci ed enfatizzano le ombre. Così l’opinione pubblica si forma un’immagine parziale e distorta della Chiesa.

Ancora proposito di "Amoris laetitia", tra i compiti del nuovo Dicastero di cui è responsabile, c’è anche quello di promuoverne la diffusione e la conoscenza in tutto il mondo. Quali difficoltà vede nella realizzazione di questo obiettivo? Crede che le numerose critiche che stanno accompagnando la ricezione dell’Esortazione postsinodale, comprese quelle che arrivano dall’interno della Chiesa, possano alimentare un atteggiamento di sfiducia nei confronti delle parole del Papa?
Più che pensare alle critiche e al comprensibile dibattito che accompagna ogni documento pastorale e magisteriale, vorrei sottolineare soprattutto come l’Esortazione Amoris Laetitia, ci chiede, innanzitutto, di operare per un profondo rinnovamento della pastorale familiare e per averlo sono necessari gli operatori di essa.
L’obiettivo concreto e prioritario della pastorale familiare dovrebbe essere la formazione in ogni parrocchia di un nucleo di famiglie cristiane esemplari, consapevoli della loro missione nella Chiesa e nella società. Certamente non saranno, neppure esse, famiglie perfette; ma saranno pronte a riconoscere i loro limiti e i loro peccati; si impegneranno seriamente a ricominciare ogni giorno il loro cammino di conversione cercando di vivere sempre più coerentemente secondo la verità del vangelo; non giudicheranno gli altri evitando di ritenersi migliori degli altri, perché solo Dio conosce il cuore delle persone e sa misurare la loro responsabilità. Da queste famiglie si sceglieranno alcune coppie animatrici per portare avanti le principali attività specifiche di pastorale familiare, dando loro un’adeguata preparazione.
Compito primario del nuovo Dicastero è proprio quello di essere a sostegno e promozione di questa rinnovata pastorale familiare che ha alcuni capitoli centrali: a) L’educazione all’amore cristiano, a cominciare dai bambini e dagli adolescenti; b) La preparazione dei fidanzati al matrimonio Oggi non si può più presumere la visione cristiana del matrimonio con i valori di unicità, fedeltà, indissolubilità e apertura alla vita; è necessaria una seria preparazione, per un tempo piuttosto lungo fatta non solo con la trasmissione di contenuti e temi dottrinali, ma soprattutto attraverso l’esercizio pratico della vita cristiana; c) il sostegno alle coppie di sposi per la loro formazione permanente, specialmente alle coppie giovani; d) la vicinanza alle famiglie incomplete e alle convivenze: accogliere le persone che si trovano in tali situazioni e integrarle nella fraternità ecclesiale, perché si sentano amate innanzitutto da Dio; rispettarle, ascoltarle, coinvolgerle nelle concrete esperienze e attività ecclesiali, a cominciare dalla Messa domenicale; incoraggiarle a fare il vero bene del prossimo, anche quando costa sacrificio; e) promuovere le Associazioni

Tornando al messaggio per la "Giornata", i vescovi ricordano ancora l’attenzione del Papa per la cura dei bambini e dei nonni. Anche in questo caso si tratta di persone spesso ai margini delle società occidentali. Come si può fare per rovesciare questa "cultura dello scarto" e tornare ad apprezzare la vita in tutti i suoi aspetti e momenti, dal concepimento alla morte naturale?
Prima del Cristianesimo (ad esempio a Sparta, a Roma, tra i popoli germanici, tra i popoli slavi) erano diffusi e legittimi l’aborto, l’infanticidio, l’abbandono dei neonati, la loro riduzione in schiavitù, il matrimonio dei minorenni senza il loro consenso personale. La Chiesa riprovò questi crimini. L’esempio e l’insegnamento di Gesù che poneva i poveri, i deboli, i bambini al centro del Regno di Dio (cf. Mt 18,1-6; 19,13-14; 25,40; Mc 10,13-16) costituivano un appello pressante a guardare con occhi nuovi i minori e a prendersi cura di loro con amore. A riguardo sono molteplici i segni della carità cristiana disseminati nei secoli: accoglienza dei bambini esposti, adozione nelle famiglie, orfanotrofi, attenuazione dei castighi corporali nei metodi educativi, scuole per i poveri, richiesta del consenso per il matrimonio e quindi innalzamento dell’età idonea.
Occorre che la coscienza civile condanni senza esitazioni e senza ambiguità le numerosissime violazioni dei diritti dei minori che continuano a commettersi nel mondo: stragi di guerra, impiego dei bambini-soldato, traffico per trapianti di organi, sperimentazioni farmaceutiche, violenze fisiche, rapimenti, insufficiente o cattiva alimentazione, carenza di cure sanitarie, discriminazione dei disabili, privazione dell’istruzione, sfruttamento lavorativo, costrizione a mendicare, a rubare, a spacciare droga, a prostituirsi, pedofilia, abusi sessuali, pornografia, matrimoni imposti precocemente, mutilazioni sessuali, sfruttamento di immagine a fini commerciali, negazione della giustizia dovuta
La cura dei bambini proviene dai loro diritti naturali e originari: il diritto ad avere un padre e una madre per potersi relazionare, fin dalla primissima infanzia, con due persone di sesso diverso, che si amano tra loro e lo amano, e potersi così costruire una chiara e solida identità, una personalità definita; il diritto a crescere insieme al padre e alla madre, a essere amato ed educato da loro; il diritto ad essere aiutato ad acquistare autostima, fiducia, sicurezza, senso della realtà e del limite, armonia psichica, maturità progressiva; in caso di adozione il diritto ad essere affidato a una coppia formata da un uomo e una donna, uniti in matrimonio, che dia sufficienti garanzie di armonia e stabilità.
Anche i nonni hanno diritti e funzioni proprie, a cominciare da quella di essere testimoni della fede, oltre al fatto che in molti sensi i nonni suppliscono alle carenze e ai bisogni della generazione adulta rispetto ai nipoti. Mi hanno colpito alcune immagini dei nonni in relazione ai nipoti. Vi sono nonni-peluche che riversano coccole e tenerezza, quanto più sentono i genitori distanti o severi; vi sono nonni-poliziotto, capaci di scovare inadempienze dei nipotini, se percepiscono i genitori troppo permissivi; vi sono nonni-marsupio che dicono sempre e comunque sì, pronti a sorreggere figli divenuti genitori; e poi nonni-vigili che controllano il territorio; nonni-istruttori, pronti a dire "come si fa" per qualsiasi cosa; e così via. C’è una supplenza dei nonni, specie in anni di crisi, anche in termini economici e perfino una supplenza in termini di fede. Il nonno è un testimone del tempo che passa, un tempo che lascia tracce e parla di speranza.

I vescovi italiani puntano il dito contro "un’economia irresponsabile che genera guerra e morte". Esistono a suo parere margini per fare in modo che l’impegno della Chiesa si traduca in scelte economiche diverse?
Il riferimento costante è alla dottrina sociale della Chiesa, maturata e approfondita ormai da oltre un secolo, con la ricchezza di tutto il magistero sociale degli ultimi Papi. Vorrei raccogliere, però, dagli ultimi incontri mondiali delle famiglie, l’indicazione unanime secondo la quale, per superare l’attuale crisi, è necessaria una rivoluzione antropologica prima che economica. Solo riscoprendo l’uomo come soggetto essenzialmente relazionale e curando la buona qualità delle relazioni, si potrà sviluppare la fiducia tra le persone e tra i soggetti sociali, risanare il malessere esistenziale, superare la crisi dell’economia e della famiglia. La prova è che alla cultura individualista si accompagna la cultura utilitarista, che ha il suo principale terreno di coltivazione nella moderna economia, teorica e pratica. Il mercato è governato dalla massimizzazione del proprio utile e dalla ricerca del massimo profitto a qualsiasi costo. La competizione, che in una certa misura è fisiologica, viene patologicamente esasperata e diventa antagonismo e conflitto. La solidarietà è localizzata nella sola fase di ridistribuzione della ricchezza. Dal mercato la mentalità utilitarista si trasferisce alle relazioni interpersonali.
Il mercato eccessivamente concorrenziale genera anche la mentalità consumista come se la felicità dipendesse dalla quantità delle cose che si possiedono o delle esperienze che si fanno. Individualismo, utilitarismo e consumismo possono procurare un certo benessere economico; ma procurano sicuramente il malessere esistenziale e corrodono come un tarlo la stabilità della famiglia e la coesione della società.

Per quanto riguarda questo particolare impegno ecclesiale, che è poi quello che anche il Papa sollecita nella "Laudato si’", vede differenze di sensibilità tra le comunità nordamericane e quelle europee?
Entrambe le comunità si assomigliano e condividono tanti aspetti della cultura, del benessere, delle vicende sociali, politiche, storiche; le economie sono interconnesse; la comunicazione è sugli stessi modelli consolidati; su molte cose non saprei dire quale dei due continenti è il mercato dell’altro, ma entrambi fortemente condizionati e interagenti con altri Paesi e popoli del mondo. Eppure, come in un singolo organismo umano, sono proprio le famiglie a segnarne la salute o la malattia, perché è innanzitutto nelle famiglie che si formano le virtù sociali. Anche il mercato, che è l’istituzione dello scambio utilitaristico per antonomasia e che domina sia la società nordamericana che quella europea, ha bisogno della famiglia e sarà, nello stesso tempo, più civile e più competitivo, se saprà vedere il profitto come strumento in vista di finalità umane e sociali. Ogni società diventerà amica della famiglia nella misura in cui riuscirà a percepirla non solo come una somma di individui da assistere nei loro bisogni (bambini, giovani, disabili, anziani), ma come una indispensabile risorsa, un soggetto comunitario con importanti funzioni sociali. Tutti i popoli, senza la procreazione dei figli, muoiono; senza l’educazione dei figli regrediscono. La migliore garanzia per la natalità e per la sana educazione è la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e di una donna. La famiglia perciò è un soggetto di interesse pubblico, e deve ricevere adeguato sostegno dalla politica.

Nel messaggio per la "Giornata" si ricorda anche l’opera di Santa Teresa di Calcutta a favore della vita. Una testimonianza luminosa che ha raccolto il grido di tanti innocenti. Non crede che la Chiesa dovrebbe moltiplicare l’impegno per indicare testimoni che, come Madre Teresa, siano in grado di tradurre in scelte concrete, la parola del Vangelo?
Quando uscì la notizia della canonizzazione di Madre Teresa, ci fu una ondata di gioia ovunque, proprio in riconoscimento della sua opera a favore della vita, degli innocenti, dei più poveri. Eppure al di là dell’eroismo quotidiano della sua vita, ci deve colpire soprattutto il programma missionario suo e delle sue suore: amare gli altri in modo tale che si sentano amati non solo da noi, ma da Dio attraverso di noi, perché la povertà più grande è quella di non sentirsi amati neppure da Dio. Oggi la Chiesa tutta venera la santa Madre Teresa, l’infaticabile missionaria della carità, madre dei poveri, madre di migliaia e migliaia di bambini, preservati dall’aborto in virtù del suo grido accorato "Dateli a me, se avete paura di tenerli". Con Madre Teresa numerosi sono i testimoni luminosi in questo campo. In questa giornata per la vita ricordo e invito ad onorare anche il professor Jerome Lejeune, grande scienziato, considerato il fondatore della genetica moderna, medico solidale e premuroso con i malati, coraggioso difensore della vita fin dal concepimento, primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita. E tanti altri.

L’ultima domanda vorrei riservarla alle sue speranze personali a proposito della vita e della famiglia. E all’impegno che la Chiesa deve riservare a queste due realtà fondamentali. Guardando al futuro qual è il suo auspicio? Quali strategie ritiene si debbano mettere in campo per aiutare e accompagnare le trasformazioni della famiglia nella fedeltà al valori di sempre?
La famiglia è un bene umano fondamentale e come tale è stata finora considerata nella storia dei popoli, anche fuori del cristianesimo. Gesù però ha fatto del matrimonio un sacramento e della famiglia una chiesa domestica. Questo in concreto significa che la famiglia cristiana è chiamata ad essere, in modo proprio e insostituibile, partecipazione, segno e presenza di Dio, pur in mezzo alle tribolazioni, nella misura in cui si vive l’amore come dono di sé all’altro e come comunione interpersonale.
Guardando al futuro, un motivo di speranza sono le minoranze, che maturano una convinta scelta di fede in Gesù Cristo e decidono di viverla coerentemente nelle relazioni e attività di ogni giorno (ad esempio, piccole comunità, movimenti, associazioni). La testimonianza di queste minoranze è la via più efficace per irradiare il vangelo e attrarre le moltitudini a Cristo, in varia misura, secondo la loro rispondenza alla grazia.
L’attenzione e l’azione della Chiesa, a tutti i livelli, deve concentrarsi su questi tre aspetti legati strutturalmente fra loro: l’educazione teorica e pratica dei ragazzi e dei giovani all’amore cristiano; la seria preparazione dei fidanzati al matrimonio mediante itinerari di vita cristiana commisurati alle diverse situazioni spirituali, culturali e sociali; la formazione permanente dei coniugi, specialmente delle coppie giovani, mediante incontri periodici, esperienze comunitarie, reti di spiritualità, di amicizia e di solidarietà. Dio ama tutti gli uomini e la Chiesa spera e si impegna per la salvezza di tutti, ma lo fa innanzitutto attraverso i cristiani santi e le comunità fervorose.
Alle Associazioni familiari, specialmente quelle impegnate in campo sociale, il rinnovato invito a mantenere, per quanto possibile, un atteggiamento di dialogo costruttivo anche con gli avversari ideologici e politici. I cattolici condividono gli autentici valori moderni: la parità delle donne; la libertà di pensiero, di parola, di religione; la laicità dello Stato intesa come rispetto e valorizzazione del pluralismo religioso e culturale della società civile. L’invito è anche a cercare, per quanto è possibile, di prevenire le scelte sbagliate, piuttosto che doverle poi combattere successivamente. Intervenite tempestivamente quando ci sono in discussione proposte, pericolose per la famiglia e la vita. Bisogna privilegiare la strategia della proposta, mostrare la ragionevolezza delle nostre posizioni, basandoci soprattutto sui fatti. Da numerose indagini sociologiche, realizzate in diversi Paesi, risulta che la famiglia naturale, anche quando non è perfettamente riuscita, porta molti più benefici e molto meno danni alla società che non le famiglie disgregate. Questi dati devono essere studiati attentamente; ne vanno raccolti di nuovi per parlare con forza all’opinione pubblica, alle classi dirigenti e ai politici.