Vita

Il caso. Famiglia, sul convegno uno scontro ideologico

Luciano Moia venerdì 9 gennaio 2015
Una grande occasione persa per affrontare con serietà, in un clima di reciproco rispetto, le questioni fondamentali della famiglia e della vita. Invece il convegno «Difendere la famiglia per difendere la comunità», che si terrà sabato prossimo 17 gennaio a Milano e che ieri è stato presentato dagli organizzatori, sta diventando lo spunto per una rissa politica di basso profilo, con dichiarazioni contrapposte segnate da un dato comune: tanta confusione, dichiarazioni fuori misura e annunci di provvedimenti che non serviranno a riportare il dibattito in un quadro di verità. Purtroppo partiti politici, associazioni e realtà legate alla galassia gay che contestano il convegno organizzato da alcune sigle del mondo cattolico come Sentinelle in piedi, Manif pour tous, Fondazione Tempi, Obiettivo Chaire, Nonni 2.0, Alleanza cristiana, partono da una tesi prefabbricata. «Si parlerà di famiglia in modo intollerante, sarà un tentativo di far passare proposte inaccettabili, segnate da omofobia e da una visione a senso unico». Questa è la linea. Vietato eccepire se non si vuole correre il rischio di finire nel tritacarne manovrato dal più potente dei pensieri, l’ideologia senso unico. Ieri è stato tutto un rincorrersi di dichiarazioni senza appello. M5S Lombardia ha presentato un’interrogazione a risposta immediata che sarà discussa in Consiglio regionale martedì 13 gennaio. Iole Nanni, prima firmataria dell’interrogazione ha spiegato che è intollerabile dare spazio ad associazioni «che propagandano una posizione settaria, ideologica, escludente e riduttiva del concetto di famiglia ». Poi è arrivato il consiglio comunale di Milano, dove il centrosinistra ha presentato un ordine del giorno per invitare il sindaco Pisapia, in qualità di socio Expo, a far rimuovere il logo della manifestazione dalle locandine del convegno. Il pericolo? Presentare alla comunità internazionale la Regione Lombardia come istituzione «omofobica e intollerante». Ma non è tutto. Lucia Castellano, capogruppo regionale di Patto Civico, ha puntato il dito contro quelle associazioni «che contrastano le leggi anti- omofobia e propongono percorsi di riparazione per gli omosessuali, quasi fossero dei malati».  La proposta più costruttiva è arrivata dal commissario di Expo, Giuseppe Sala, che annunciando «nuove regole» per l’utilizzo del logo, ha anche invitato le comunità gay a un incontro per «trovare forme di coinvolgimento fattivo». Obiettivo oscuro. Vedremo quale sarà il coinvolgimento. A leggere le dichiarazioni di alcuni esponenti dell’Arcigay di Milano, ieri tornati con toni violenti sulla vicenda, non c’è da stare tranquilli. Hanno preteso di spiegare che la teoria del gender «non è un’opinione, ma il frutto di studi scientifici internazionali, consolidati nel tempo e da insigne università internazionali ». E che «la famiglia naturale non esiste». Di fronte a proclami così autorevoli poco hanno potuto i sostenitori della legittimità del convegno. L’assessore regionale alla cultura, Cristina Cappellini, ha chiesto di chiesto di finirla con la «demonizzazione messa in atto contro la Regione» e ha ribadito che il logo Expo resterà al suo posto. Mentre il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Raffaele Cattaneo, ha tentato di respingere le accuse rovesciandole sui detrattori: «Affermare esplicitamente che chi sostiene la famiglia sia necessariamente omofobo mi sembra una clamorosa sciocchezza, da stigmatizzare con forza». E ha respinto l’idea che questo convegno sia stato organizzato da 'qualcuno' contro 'qualcun altro'. «Viene talvolta il dubbio che qualcuno voglia sostituire alla odiosa omofobia una altrettanto odiosa e inaccettabile familiofobia». Come si diceva, accuse incrociate con una sola certezza. Di fronte a toni così accesi non sarà possibile nessun dibattito sereno. E la famiglia sarà l’unica sconfitta.