Vita

Pastorale della Salute. «Dopo la pandemia è tempo di ascolto»

Elisabetta Gramolini giovedì 11 maggio 2023

Il direttore dell'Ufficio Cei per la Pastorale della Salute, don Massimo Angelelli

In ascolto oltre la dimensione fisica, per interagire con lo spirito e la mente della persona. Il XXIV Convegno nazionale della Pastorale della salute organizzato dall’Ufficio Cei si apre oggi a Bari centrato sul senso dell’udito, a partire dall’ascolto del lamento proveniente dai luoghi della sofferenza. Fino al 18 maggio, attraverso sedici sessioni tematiche e sei plenarie (tutte in presenza e in streaming sul sito Salute. chiesacattolica.it, dove si trova anche il programma dettagliato), il dolore, ma anche i segni di cura prenderanno la forma delle parole dei numerosi relatori. L’edizione 2023 del Convegno dedicata all’udito chiude il ciclo che ha indagato gli strumenti di esperienza e relazione dei cinque sensi. «Per ognuno abbiamo imparato che c’è un uso corretto e uno scorretto. Il senso dell’udito aiuta a sentire quello che si ha intorno ma attiva pure la capacità di entrare in empatia con l’altro e ascoltare la Parola di Dio – spiega don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della salute –. La cura è molto più del farmaco o della terapia. È un coinvolgimento del curante che si fa carico per intero della persona ma-lata, fa propria la sofferenza e sostiene insieme il percorso. In questo modo l’esercizio dei cinque sensi è necessario se vogliamo incontrare l’altro».

Dopo l’annuncio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riguardo la fine della fase emergenziale della pandemia, è naturale chiedere cosa questo lungo periodo abbia lasciato: «Una delle eredità – afferma Angelelli – è il dovere di metterci in ascolto delle sofferenze vissute. In maniera profetica la Chiesa ha interpellato questa istanza avviando il Cammino sinodale con una prima fase di ascolto. Ho paura che oggi, una volta superato il trauma, sia in atto una rimozione. Questo sarebbe drammatico perché significherebbe non aver imparato nulla, represso l’esperienza dolorosa senza prima elaborarla, e far finta che non sia mai esistita. In questo momento, invece, occorre fermarsi per rileggere quei giorni e i comportamenti relativamente recenti. La nostra mente, poiché ha sofferto molto, tende a rimuoverli, ma rischiamo così di non imparare nulla. Come Chiesa dobbiamo ascoltarci e ascoltare la società, coloro che hanno vissuto quei traumi ». E così, all’interno delle sessioni, una fase sarà rivolta all’ascolto delle ferite subite dalla storia, per mezzo della voce di Lucia Goracci, giornalista e inviata esteri della Rai; dagli operatori sanitari, reduci dall’emergenza Covid-19, attraverso le parole di Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenas; e infine dalla Chiesa, grazie alla testimonianza di monsignor Luca Raimondi, vescovo ausiliare di Milano. «Per noi sarà uno step di analisi – dice Angelelli – senza il quale sarebbe impossibile disegnare prospettive».

Anche la pastorale della salute deve fermarsi per elaborare gli insegnamenti appresi durante la pandemia: «Il modo di procedere di prima non è più sufficiente. Una volta chiuso il Convegno nazionale, apriremo un grande laboratorio per capire cosa intendiamo per pastorale della salute dalla pandemia in poi. Sappiamo che c’è una attesa enorme da parte dei sofferenti, dobbiamo trovare il modo per offrire risposte e vicinanza. Siamo infatti una comunità quando siamo presenti. L’ambiente digitale non è il luogo principale dove si costruisce la comunità cristiana». Negli ultimi cinque anni, l’Ufficio Cei ha sperimentato inoltre un metodo che consente alle organizzazioni del mondo delle associazioni sanitarie e del volontariato di curare le sessioni tematiche.

«È un’esperienza nuova – commenta – che risponde al criterio di cura intesa come complessità. La teologia pastorale può e deve interagire con le dimensioni scientifiche e biologiche della salute proprio perché la presa in carico è globale. In questi spazi vengono trattati ambiti più specifici rispetto alle sessioni generali, che rispondono al concetto corale di cura. Offrire spazi di confronto e dialogo a questi scenari significa rappresentare meglio quello che è realmente il tema della salute. Per noi è stata una fase di ascolto che oggi diciamo sinodale, iniziata anni fa per capire meglio gli spazi che abitavamo. La nostra pastorale è uno di quegli ambiti di forte relazione con la società perché l’esperienza della salute è universale».