Vita

Attualità. Divorzio fai-da-te «bocciato» in tribunale

Vincenzo R. Spagnolo mercoledì 17 settembre 2014
«C’è una nuova procedura senza giudice? Non lo sapevo, ma ho appuntamento proprio col mio avvocato, lui lo saprà senz’altro... Anche se il fatto che ci sia un magistrato in teoria dovrebbe dare più garanzie, no?». È mattina e, fra aroma di caffè e rumore di tazzine, il signor Franco, marito in via di separazione, aspetta in uno dei bar fra via Lepanto e viale Giulio Cesare. Siamo a due passi dal Tribunale civile di Roma, dove la ripresa del calendario delle udienze ha fatto riapparire il solito sciame di auto, motorini e pedoni che circonda il palazzo: avvocati con completo di sartoria, praticanti con gli abiti stazzonati e cittadini disorientati che cercano di capire dove si tenga il procedimento che li riguarda. Un universo nel quale, almeno per ora, la notizia delle nuove procedure di «negoziazione assistita» e di «divorzio fai da te» non sembra aver prodotto particolare fibrillazione. Il decreto legge 132 è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale solo venerdì, ma fra gli addetti ai lavori c’è già chi scommette che non sarà destinato ad avere effetti mirabolanti rispetto al calo del contenzioso.  Di diversa opinione è il Guardasigilli, Andrea Orlando, che d’intesa col governo guidato dal premier Matteo Renzi lo ha incluso nel pacchetto di provvedimenti che puntano a «dimezzare l’arretrato civile». Secondo le stime fornite ieri ad Avvenire dal Ministero della Giustizia, le materie sui cui andrà a incidere la «negoziazione assistita », presentano una mole di procedimenti iscritti a ruolo (in media, fra il 2011 e il 2013) di 591.654 controversie: la gran parte (486.569) riguarda vicende di riscossione («pagamenti, vendita beni, contratti bancari» o «somme richieste con decreti ingiuntivi») e solo 105.085 pertengono a «separazioni consensuali» (67.599) o «divorzi congiunti» (37.486). Tuttavia, precisa una seconda tabella, i procedimenti suscettibili dell’applicazione delle nuove norme («al netto dei pagamenti di somme superiori a 50mila euro» e dei «casi di separazione e divorzio con figli minori») sono 450.569 e, al loro interno, quelli per separazioni e divorzi scendono a 59.756.  Un numero non decisivo ai fini dello sfoltimento dell’enorme mole di arretrato (oltre 5 milioni di cause civili pendenti), secondo diversi esperti, al punto da non giustificare la via 'spiccia' scelta dal governo, che potrebbe nascondere insidie e dubbi interpretativi. Secondo Franca Mangano, attuale presidente della XIII sezione del Tribunale civile di Roma ma con lunga esperienza nel diritto di famiglia, «sul piano dei numeri, le nuove misure potrebbero non avere una grande incisività. E la negoziazione potrebbe rivelarsi anche più 'onerosa' per le coppie non abbienti: di solito, le separazioni consensuali tenute di fronte al giudice possono essere consentire senza avvocati». Fermo restando che la normativa in vigore prevede ancora un periodo di tre anni di separazione, secondo l’articolo 2 del dl, le coppie che consensualmente sceglieranno la negoziazione potranno rivolgersi a un avvocato (o a due) per firmare un accordo. L’atto, sottoscritto dal legale, dovrà essere trasmesso entro 10 giorni in copia autenticata al Comune dove il matrimonio è stato iscritto (o trascritto, se si tratta di nozze religiose col rito concordatario). Ma alcuni matrimonialisti ritengono che sia preferibile l’obbligo di avere un avvocato per ciascun coniuge, al fine di garantire l’eventuale 'parte debole' da pressioni indebite dell’altra più abbiente. Per il «divorzio fai da te», poi, l’avvocato non servirà neppure: le coppie che sono d’accordo potranno recarsi davanti all’ufficiale di stato civile e fare richiesta congiunta, ma solo se non riguarda «patti di trasferimento patrimoniale ». Ora il decreto è al vaglio del Senato e c’è da auspicare una discussione seria e approfondita.