Vita

Intervista. Divorzio breve: «Enormi costi sociali»

Luciano Moia venerdì 24 aprile 2015
«Il divorzio è solo l’ultimo tassello di un processo di disgregazione della famiglia, che nel nostro Paese è in atto da 45 anni». Massimiliano Fiorin, avvocato bolognese, autore di due volumi sul tema ("La fabbrica del divorzio" e "Finché la legge non vi separi", entrambi pubblicati da San Paolo) è uno dei più attenti studiosi di quella cultura divorzista che, sostiene, «ha già arrecato, e continuerà a arrecare al nostro Paese costi economici e sociali enormi». In che misura violenze domestiche, suicidi, depressione, emarginazione, criminalità giovanile si possono attribuire alla cultura divorzista?Perché sono sofferenze che, direttamente o indirettamente, hanno il divorzio facile proprio – o dei propri genitori – tra le principali concause. Ma tutto questo nessuno dei nostri politici sembra vederlo, né tanto meno lo vuole ammettere. Preferiscono trincerarsi dietro la retorica dei "nuovi diritti".È d’accordo con chi sostiene che sei mesi sono un periodo troppo limitato per riflettere sulla scelta compiuta?La separazione legale in Italia non è mai stata concepita come un "tempo di ripensamento", e comunque non ha mai avuto molta efficacia in tale senso, visto che da quarant’anni a questa parte le riconciliazioni coniugali sono sempre state pochissime. Qual è quindi il nodo reale del problema?Il punto che nessuno vuole affrontare, è che la separazione legale in Italia è diventata da decenni un diritto soggettivo, anche contro le intenzioni della legge. Nessuno, in sede giudiziaria, chiede più al singolo coniuge che vuole porre fine al proprio legame matrimoniale di spiegarne le ragioni, e di fornire quelle motivazioni oggettive che pure il codice civile tuttora richiederebbe. Che rapporto ha questa deriva giuridica con la crisi del matrimonio?Inteso non solo come fonte di diritti individuali, ma anche di tutele e soprattutto di obblighi reciproci, verso l’altro coniuge, i figli e verso l’insieme della società, il matrimonio è stato deprivato di qualsiasi fondamento giuridico. La gente ormai se n’è accorta, e anche per questo, non solo per le incertezze indotte dalla crisi economica, sta preferendo sempre più rifugiarsi nelle convivenze informali.Però certi media e certa politica non si stancano di farci notare che in questo modo ci siamo allineati ai Paesi davvero civili...Non è affatto vero. Guardiamo per esempio all’esperienza del Regno Unito. Qui sono vigenti diverse soluzioni giuridiche, quali i patti prematrimoniali, la mediazione familiare preventiva e obbligatoria per le separazioni non motivate, e la necessità di accedere a percorsi di "accompagnamento" per le coppie in crisi. In tutti questi casi si tiene conto delle vere ragioni della separazione, e delle conseguenze economiche e patrimoniali della stessa, in modo da garantire agli interessati una maggior tutela rispetto alle eventualità più devastanti. Una buona strada anche per l’Italia?Sicuramente, invece di rifugiarsi nella retorica dei "nuovi diritti", che ai nostri politici piace moltissimo anche perché sembra a costo zero per le casse dello Stato.