Vita

Malati & volontari. «Così l’Unitalsi riapre la strada per Lourdes»

Danilo Poggio sabato 10 luglio 2021

Un pellegrinaggio Unitalsi a Lourdes prima della pandemia

Finalmente si torna a Lourdes. Dopo quasi un anno e mezzo di blocco dei pellegrinaggi verso la Grotta di Massabielle, con l’allentarsi delle misure anti-Covid riprendono con prudenza (ma anche con molto entusiasmo) i pellegrinaggi. Per l’Unitalsi, a giugno, è stata una piccola delegazione emiliano-romagnola e ligure a raggiungere per la prima volta il santuario francese. E adesso sono moltissimi i malati che non vedono l’ora di poter partire.

Un "ritorno a casa"
«Per molti andare a Lourdes significa andare in un posto in cui si vive come si dovrebbe vivere davvero, un luogo senza soprusi e senza arroganza. È la dimostrazione concreta che un altro mondo è possibile». Antonio Diella è il presidente nazionale Unitalsi. L’associazione (Unione nazionale italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari internazionali) dal 1903 è alimentata dall’operosità gratuita di volontari che si impegnano per accompagnare e assistere nei pellegrinaggi le persone con disabilità, malate, anziane o fragili. «In questi mesi – ricorda Diella – ci siamo inventati di tutto per non lasciare nessuno indietro. Abbiamo organizzato pellegrinaggi in casa, momenti di preghiera, strumenti di aiuto concreto. Siamo andati direttamente sotto i balconi per tenere un po’ di compagnia alle persone sole: una esperienza colorata e colorita, per far capire loro che per noi sono importanti». Giorni difficili, in cui l’isolamento può diventare insostenibile, e che hanno mostrato la ricchezza della vita con gli altri: «Nessuno vive il viaggio a Lourdes come un’esperienza solitaria. Certo, ci sono momenti individuali di preghiera, di riflessione, di discernimento, ma è sempre la comunità a essere in pellegrinaggio. Non ci sono le celebrazioni per i malati ma con i malati. Perché questa è la Chiesa».

19 luglio, il giorno della «rinascita»
Il 19 luglio inizierà la "catena" di pellegrinaggi Unitalsi in aereo, aperti a tutti, anche ai più fragili e agli ammalati, su velivoli attrezzati e in grado di ospitare tra le 130 e le 190 persone. Qualcuno partirà nelle prossime settimane anche in pullman, mentre per i primi treni sarà necessario ancora tempo. «È un segnale molto importante – osserva il presidente –. Naturalmente metteremo in atto protocolli di sicurezza anti Covid estremamente seri. La vicinanza è diventata un concetto che fa paura: ma adesso è giunto il momento di impegnarci a riaprire il cuore agli altri».

Una primavera di rinascita
Gemma Malerba è la presidente della sezione ligure Unitalsi e ha partecipato al primo pellegrinaggio 2021, dal 24 al 28 giugno, seguendo un protocollo che ha tenuto conto delle norme e delle procedure italiane e francesi in vigore al momento. «In pullman – racconta – eravamo 35 pellegrini, con un’età media sui 70 anni. Quando siamo arrivati a Lourdes c’era pochissima gente, solo qualche piccolo gruppo parrocchiale francese. A parte il pellegrinaggio militare di fine maggio, siamo stati tra i primi stranieri ad arrivare». Il pellegrinaggio, guidato dall’assistente don Filippo Traverso, è stato forse il più singolare mai vissuto. «Vado a Lourdes da oltre 40 anni. All’inizio partivamo in 1.400 dalla Liguria, poi i numeri si sono ridotti, ma mai l’avevo vista così poco affollata. Eppure non mi è sembrata deserta, non ho avuto una sensazione di vuoto. Mi è parsa come all’alba o all’inizio di una primavera di rinascita, quando la natura rifiorisce. Le preghiere davanti alla Grotta, il segno dell’acqua nelle piscine: tutto è stato molto intenso». Per settembre è già stato organizzato un volo speciale: «Molti ammalati – conclude Malerba – mi chiamano per iscriversi con grande entusiasmo. Nelle prossime settimane potremmo avere un numero minore di volontari rispetto agli anni precedenti: la crisi economica ha colpito tutti, diversi hanno perso il posto di lavoro».

Nuove forme di pellegrinaggio
Il santuario di Lourdes non è mai stato "abbandonato" dall’Unitalsi, neppure nei momenti più scuri del lockdown. «Come assemblea nazionale – spiega Anna Maria Barbolini, la presidente della sezione Emilia Romagna – abbiamo deciso di donare un cero alla grotta tutte le settimane. Veniva acceso ogni sabato, una sorta di ponte tra noi e Massabielle. L’ultimo è stato acceso proprio durante il pellegrinaggio pionieristico di giugno. Adesso si apre una nuova stagione, potremo essere lì dal vivo, per pregare in presenza». Non tutto però sarà uguale a prima. «Molte persone sono mancate proprio a causa del Covid, e adesso dovremo ricominciare molte cose dall’inizio. I pellegrinaggi forse saranno meno affollati, ma questo permetterà di vivere l’esperienza con maggiore profondità». Resterà il fondamentale senso di comunità, ma in piccoli gruppi potrebbe essere possibile conoscersi meglio, confrontarsi e ascoltarsi, in un clima ancora più raccolto. «Cambiano anche le malattie – conclude Barbolini –: ci sono meno persone in barella e più persone con patologie neurologiche o altre forme di fragilità. Ma i volontari continueranno a essere fondamentali, nella loro opera di cura delle persone. Spero che i giovani lo capiscano. E vogliano partire con noi».