Vita

Bergamo. Femministe contro Centro aiuto alla Vita: non si parla di aborto e maternità

Luca Bonzani mercoledì 6 febbraio 2019

Prima un tam tam via email, poi la polemica mediatica. Con la richiesta di cancellare un convegno pubblico, promosso dal Consiglio delle donne di Bergamo (ente che risponde direttamente al Comune) e dal Centro di Aiuto alla vita (storica realtà orobica che assiste donne in difficoltà di fronte alla nascita di un figlio) sul "nascere a Bergamo", organizzato per la mattina di sabato 9 febbraio in Sala Galmozzi, in centro città, per celebrare la 41esima Giornata della Vita.
Lo scontro è aperto e mette a rischio l’evento (al momento confermato). Da un lato, l’iniziativa del Consiglio delle donne, per discutere di diritto alla vita, delle opportunità da offrire alle donne in gravidanza, della rete di supporto che opera nel territorio orobico tramite realtà come il Centro di aiuto alla Vita. Il taglio del convegno non piace però a una parte del movimento femminista; tanto basta all’associazione "Non una di meno" per promuovere una campagna per boicottarlo. Con questa "motivazione": «Non è possibile sacrificare l’autodeterminazione delle donne per sostenere una difesa delle nascite e della vita a ogni costo», dicono. Tesi respinta al mittente dal Movimento per la Vita che ritiene gli attacchi «ingiusti e arroganti».
In una nota di ferma protesta e denuncia diffusa quando a Bergamo stava divampando la polemica la presidente nazionale del Movimento per la Vita, Marina Casini Bandini, ha espresso «tutta la propria solidarietà al Centro di aiuto alla Vita di Bergamo e alla sua presidente Anna Rava Daini». La «tracotanza» con cui la sigla femminista «pretende di impedire il convegno» è definita dalla presidente «veramente pittoresca e grottesca», tanto che «viene da ridere, se non fosse per il tempo che si perde a riportare le cose alla realtà. Infatti – incalza Marina Casini Bandini –, a parte l’atteggiamento chiuso e gretto con cui si vuole zittire e cancellare il pensiero altrui, ciò che più colpisce sono gli smodati e infondati attacchi al Centro di Aiuto alla Vita definito "associazione che più rappresenta in modo netto ed esplicito una visione assolutamente e soltanto ideologica, chiusa e anacronistica". Niente di più menzognero. I Centri di Aiuto alla Vita, che in Italia sono 342, in collaborazione con la donna hanno aiutato a nascere in poco più di 40 anni oltre 200.000 bambini, condividendo le difficoltà delle loro mamme, offrendo anche un’amicizia durevole che ha superato la solitudine e ricevendo sempre il ringraziamento delle madri. I Cav hanno fatto quello che dovrebbero fare i consultori pubblici. La stessa legge 194, pur nella sua integrale ingiustizia, manifesta una "preferenza per la nascita": basta rileggere gli articoli 1, 2 e 5».
«Forse – chiede la leader del Movimento per la Vita italiano – non si deve ricordare che nella gravidanza i soggetti sono due: madre e figlio? Forse dà fastidio che si parli del figlio concepito come un essere umano, come uno di noi? Evidentemente sì. E allora non si può non ricordare che è proprio la scienza moderna che, superando vecchie credenze e fantasiose supposizioni, ci dice che il concepito è "l’essere umano nella fase più giovane della sua esistenza"; non si può non ricordare che la Corte Costituzionale nella sentenza n. 35 del 1997 ha dichiarato che nell’articolo 1 della legge 194 "è ribadito il diritto alla vita del concepito" e che il Comitato nazionale per la Bioetica, per tre volte – in modo chiaro e argomentato – ha ripetuto che il concepito è un essere umano a pieno titolo, è uno di noi». Appare «evidente» a Marina Casini Bandini, che esprime anche gratitudine «al Centro di Aiuto alla Vita di Bergamo e a tutti i Centri di Aiuto alla Vita d’Italia», che «le rabbiose manifestazioni di "Non una di meno" sono i colpi di coda di una cultura arroccata sul passato e che non tiene conto della vera libertà della donna».