Vita

L'odissea di chi si occupa di un disabile. «Vogliamo gridare in tv che la vita non si arrende»

Lucia Bellaspiga mercoledì 24 novembre 2010
Ce lo vediamo, Michele Serra, adagiato sull’amaca ("L’amaca" s’intitola appunto la sua rubrica su la Repubblica mentre manda in giro pensieri in libertà. Ce l’ha con «i forti» e difende in cuor suo «i deboli». Peccato però che il suo ragionamento sia questo: i genitori che assistono «chi giace nel lungo sonno del coma» sono i forti, coloro che hanno tutti i privilegi, perché nessuna legge impedisce loro di tenere in vita e assistere i loro cari, mentre i deboli sono coloro che «con altrettanta determinazione preferiscono l’interruzione delle cure» ma non possono farlo, perché sarebbe un reato. Michele Serra è uno degli autori di "Vieni via con me", la trasmissione di Fazio e Saviano che finora ha oscurato tenacemente le migliaia di persone che vorrebbero dire una cosa "diversa". «Qualcosa del tipo che la vita è sacra anche quando è fragile e imperfetta. O che un nonno malato in casa, magari sfatto da un ictus o dalla demenza senile, ce lo siamo sempre tenuti senza chiederci se non sarebbe meglio mandarlo in vacanza in Belgio o in Olanda. Con biglietto di solo andata...», sbotta Giancarlo Pivetta, che da cinque anni nella sua casa di Pordenone assiste insieme a sua moglie Loredana il figlio Alessandro, 24 anni, in stato vegetativo a causa di un incidente d’auto. «Sono incredulo – commenta di fronte alle parole scritte ieri da Serra –, è allucinante, noi saremmo Golia e loro Davide... Peccato che loro abbiano spazio ovunque, noi non riusciamo a farci ascoltare. È vero che la legge è dalla nostra parte, grazie a Dio, ma solo la legge, perché poi in concreto siamo abbandonati. E se qualcuno a volte si lascia andare a pensieri di eutanasia è perché la solitudine porta a questo... Specie se intorno non hai chi fa di tutto per darti una mano, ma persone che ti parlano di "dolce morte" e rapida uscita dalla vita». Della trasmissione di Fazio dell’altra sera troppe cose non sono andate giù a Pivetta e alle tante famiglie che fanno rete con la sua, attendendo di essere chiamate a dire la loro «almeno come persone informate dei fatti – sottolinea –, visto che sentiamo tante di quelle sciocchezze che chi le dice è certamente molto lontano dalle nostre realtà. Quella di Fazio e Serra non è informazione, è gravissima disinformazione». Di Eluana si è detto che era una vita impossibile, persino che era terminale o attaccata a macchine, «che era "morta" da anni – ricorda – ma anche Alessandro mangia dal sondino, anche lui è in stato vegetativo, e un genitore che vive accanto a lui impara a cogliere i segnali di vita, il pianto, il sorriso, le paure... Pensi che si addormenta sempre presto, tranne le sere in cui gli amici vengono a trovarlo, allora non c’è verso!».«Serra dice che abbiamo il vantaggio di operare senza ostacoli giuridici? Da anni – racconta Lucrezia Tresoldi, madre di Massimiliano, risvegliatosi dopo 10 anni di stato vegetativo, oggi lucido ma con molte disabilità – chiedo invano di essere invitata a parlare accanto a Englaro, da quando ancora sua figlia era viva, proprio per raccontare di come noi, pur privi di possibilità economiche, nostro figlio ce lo siamo portati a casa, ma per avere qualche ora di fisioterapia siamo ricorsi a "Mi manda Rai3", altro che privilegi. E noi un’équipe come quella che si è offerta a Udine per far morire Eluana ce la siamo sognati, per far vivere Max...». La loro équipe invece sono stati per vent’anni (dieci in stato vegetativo e dieci dopo il risveglio) decine di ragazzi dell’oratorio, «cresciuti con lui sul campetto da calcio e che mai lo hanno abbandonato». Senza di loro non ci sarebbe stato un risveglio, perché assistere uno stato vegetativo, muovergli gambe e braccia, girarlo nel letto notte e giorno, prevenire il decubito, stimolargli la mente, «costa almeno quattromila euro al mese». E quanto conti far conoscere queste storie di vita, seppure vita disabile, è presto detto: «Finalmente l’anno scorso ci hanno invitati alla radio», ed è bastato sentirla, questa leonessa di madre, e sapere di Massimiliano, felice di esserci nonostante i suoi limiti, per creare una vera rivoluzione tra gli ascoltatori. «Dopo "Radio anch’io" su Rai1 ci hanno chiamato in tanti e hanno regalato a Max l’ausilio grazie al quale pian piano sta facendo i primi passi». Con Max, papà e mamma girano per le scuole d’Italia a parlare di speranza, «specie in quelle dove Englaro è già passato a parlare di libertà di morire. I ragazzi restano colpiti dalla nostra serenità, ci scrivono pacchi di lettere, dicono "preferivo morire per non far soffrire i miei, ma se ce l’avete fatta voi vuol dire che anche i miei genitori potrebbero"». "Forti che protestano contro i deboli", scrive Serra, e commenta pure: "Non è neanche molto sportivo".