Vita

Puglia . Aborti record, ma la Regione vuole di più

Luciano Moia giovedì 26 ottobre 2017

Puglia, il paradosso elevato a sistema, anzi a legge regionale. Non servono ragionamenti complessi per convincersene. La questione è semplicissima, forse troppo per i politici con il cuore appesantito dall’ideologia. Si potrebbe porre così: qual è l’intervento più urgente in una regione dove gli aborti sono già tantissimi – quasi due punti oltre la media nazionale – e l’indice di natalità è tra i più bassi d’Italia? Risposta scontata. Puntare sull’incremento demografico, mettere a punto interventi per sostenere le famiglie in difficoltà che non fanno più figli, risolvere i problemi delle donne costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza come risposta – tragica e tutt’altro che risolutiva – a situazioni di solitudine, povertà, emarginazione. Qualsiasi politico di media capacità propositiva riuscirebbe a mettere a fuoco questo semplice programma e si darebbe da fare per realizzarlo.
Scontato no? Non in Puglia, dove hanno pensato bene di rovesciare tutto. Invece di sostenere le nascite, hanno deciso di promuovere l’aborto. La proposta di legge regionale che oggi arriva in commissione, con probabilità elevatissime – per non dire con la quasi certezza – di essere approvata e poi approdare in Aula per il voto finale, va proprio in questa direzione. Possibile? Purtroppo sì. «Si tratta di una legge che – spiega la presidente del Forum regionale, Lodovica Carli – prevede la possibilità di indire concorsi pubblici esclusivamente per "personale sanitario non obiettore" anche se la dicitura, dopo le nostre proteste, è stata cambiata in "appositi concorsi". Si è pensato in questo modo di proteggere la proposta dal rischio dell’illegittimità». Non è un mistero infatti, neppure per i politici pugliesi, che l’obiezione di coscienza costituisca un diritto inviolabile protetto dalla legge e che un concorso pubblico con una discriminante così evidente, verrebbe annullato dal Tar. Da qui il tentativo di mascherare la proposta di legge, presentata dal consigliere Mino Borracino, sotto il titolo ambiguo di "Norme in materia di concreta attuazione in Puglia della legge 194/78". Preoccupazione, quasi a senso unico, quella di garantire il diritto all’aborto e non di attuare la parte preventiva della "194".

Verrebbe da pensare che l’aborto nella regione governata dalla giunta Emiliano, sia un diritto in bilico e che i medici "non obiettori" siano insufficienti. Niente di tutto questo. A fronte di una media nazionale che parla di 6,6 aborti ogni mille donne, in Puglia si arriva a 8,1. Mentre i medici "non obiettori" eseguono in media 3,5 aborti la settimana. Anche qui meno della media nazionale.
«Siamo purtroppo una delle regione dove si ricorre più frequentemente all’aborto. Solo Liguria ed Emilia fanno peggio di noi – riprende Carli – e invece di interrogarsi sulle cause di questa carneficina, vogliamo rendere più agevole l’accesso all’interruzione di gravidanza? Assurdo».

Vista la latitanza delle istituzioni, i dati sulle donne che abortiscono arrivano dal Forum delle associazioni familiari. In Puglia le donne che decidono di "eliminare" il figlio concepito hanno tra i 25 e 34 anni. Per le minorenni il tasso di abortività è il più alto d’Italia dopo la Liguria. Sono nubili o coniugate, casalinghe e – per la maggior parte – hanno già due figli. Insomma, si ricorre all’interruzione di gravidanza per povertà, per paura del licenziamento e, nel caso delle immigrate, perché spesso vittime di organizzazioni criminali. Un quadro desolante di miseria e di bisogno. E di fronte a queste emergenze di cosa si preoccupa la Regione? Del falso problema dei medici "non obiettori".

Del tutto prive di fondamento – secondo i dati diffusi dal Forum – le premesse della proposta di legge regionale che oggi arriva in commissione, secondo cui il ricorso all’obiezione di coscienza di molti sanitari «impedisce anche in Puglia, in molti casi, di poter rispondere con tempestività ed efficacia alle richieste di molte donne che intendono consapevolmente interrompere la loro gravidanza».

Ma, secondo l’ultima relazione del Ministero, in Puglia nel 2015, si sono registrate 7.574 interruzioni, con un triste record nazionale di recidiva (35%). Una donna su tre ha fatto ricorso due o più volte all’aborto. Dato che sottolinea ancora di più il livello di disperazione di chi bussa alle porte dei consultori pubblici (dove i medici obiettori sono solo il 19%).
«Negli ultimi vent’anni in Puglia – osserva ancora la presidente del Forum regionale – abbiamo avuto un calo medio di nascite di novemila bambini l’anno, più o meno lo stesso numero di quelli abortiti. Ma se consideriamo l’aumento esponenziale delle vendite di "Ellaone", la pillola dei cinque giorni dopo, schizzate dalle 16.797 confezioni del 2014 alle 145mila del 2015, vediamo come siamo di fronte a una vera e propria emergenza sociale». Da qui la bocciatura della proposta di legge in questione e la richiesta di un confronto più ampio, per mettere a fuoco le cause reali che inducono le donne ad abortire. «Promuoviamo insieme, consultori e associazioni, uno studio per mettere a punto misure preventive, e magari – conclude Lodovica Carli – dare vita a un albo regionale in grado di assicurare alle donne in gravidanza assistenza, accompagnamento e solidarietà».