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Anniversari. Pasolini e Gibson, due sguardi d’autore per meditare sulla Passione

Eliana Ariola e Massimo Giraldi mercoledì 27 marzo 2024

"Il Vangelo secondo Matteo" di Pasolini (1964)

Due film molto diversi, Il Vangelo secondo Matteo (1964) di Pier Paolo Pasolini e La passione di Cristo (2004) di Mel Gibson, accomunati dall’anniversario – il primo uscito 60 anni fa, il secondo 20 – e dall’ambientazione a Matera: una città suggestiva, perfetta per l’essenzialità del bianco e nero di Pasolini, e per il ruvido stile visivo di Gibson.

Alla XXV Mostra di Venezia la Giuria assegna un Premio speciale a Il Vangelo secondo Matteo e il film riceve anche il riconoscimento cattolico Ocic (oggi Signis) «per aver espresso in immagini di un’autentica dignità estetica le parti essenziali del testo sacro. L’autore (...) ha tradotto fedelmente con una semplicità e una verità umana, talvolta assai commoventi, il messaggio sociale del Vangelo, in particolare l’amore per i poveri e gli oppressi, rispettando sufficientemente la dimensione divina di Cristo». Nell’ottobre seguente il film viene presentato ai padri conciliari a Roma in una proiezione speciale. All’epoca Pasolini aveva già diretto Accattone, Mamma Roma e La ricotta (episodio di RoGoPaG) che gli aveva procurato una denuncia per vilipendio della religione di Stato. Come si arriva allora a questo film? Nel 1962 Pasolini è ospite della Pro Civitate Christiana d’Assisi, nella sua stanza trova i Vangeli e comincia a leggere. Lì nasce il film, che da subito si pone lontanissimo dall’immagine oleografica del Gesù di tante produzioni hollywoodiane. Il Cristo di Pasolini è venuto per gli ultimi, per quei volti scavati e dolenti, paradigma di tutta l’umanità sofferente. Un’opera che conserva un fascino di inossidabile bellezza.

Quarant’anni dopo La passione di Cristo dello statunitense Mel Gibson. Ispirato ai Vangeli e alle visioni della beata Anna Katharina Emmerick, il film si concentra sulle ultime ore di Gesù, con un accenno finale alla risurrezione. Gibson racconta la Passione con uno stile visivo molto duro, esplicito, in linea con il linguaggio cinematografico contemporaneo. Violenze, crudeltà e una sofferenza che non possono lasciare indifferenti, ma è davvero troppo poco lo spazio dato alla risurrezione e alla motivazione per cui Gesù sopporta una tortura tanto atroce. «La morte di Gesù in croce ci salva non per la quantità del dolore subito (...) ma per il fatto che Gesù ha vissuto l’infamante patibolo e l’immenso supplizio in assoluta fedeltà al Padre e in piena apertura d’amore all’umanità» (Cnvf.it).

Due film che hanno lasciato il segno, ma non sono gli unici. Nutrito è il filone cristologico tra cinema e Tv: il trascinante musical Jesus Christ Superstar (1973) di Norman Jewison, il suggestivo Gesù di Nazareth (1977) di Franco Zeffirelli, lo sfidante L’ultima tentazione di Cristo (1988) di Martin Scorsese, l’acuto I giardini dell’Eden (1998) di Alessandro D’Alatri o il poetico Su Re (2013) di Giovanni Columbu. Senza dimenticare i rimandi metaforici: da Au hasard Balthazar (1966) di Robert Bresson a Gran Torino (2009) di Clint Eastwood.

IL SUSSIDIO DELLA COMMISSIONE NAZIONALE VALUTAZIONE FILM DELLA CEI

In vista della Pasqua 2024 la Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei ha pubblicato il sussidio "Attraverso i deserti" con alcune proposte di film per esplorare il «nuovo orizzonte che porta alla libertà da ogni forma di schiavitù», la «“nuova speranza” che dall’annuncio pasquale dà forma alla creatività», come spiega Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali. Quattro i film suggeriti, dei quali vengono offerte altrettante schede critiche per la lettura personale e condivisa: «La zona d’interesse», «La Sala Professori», «The Miracle Club» e «L’imprevedibile viaggio di Harold Fry». Il sussidio si può scaricare gratuitamente cliccando QUI