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“L'allieva” ha bisogno di studiare ancora

Andrea Fagioli giovedì 29 settembre 2016
Si può anche staccare la spina, ogni tanto. Sbracarsi sul divano, non pensare a nulla e godersi una commediola in tv. Sempre che non si superino certi limiti con il rischio che da sola la spina si riattacchi e provochi un cortocircuito. Ad essere sinceri il rischio lo si è corso vedendo in certi momenti la prima puntata della nuova fiction di Rai 1, L'allieva (il martedì in prima serata). L'inizio non è stato incoraggiante: la protagonista, la bella Alice (Alessandra Mastronardi), in un laboratorio scientifico fa cadere e manda in frantumi un teschio cercando maldestramente di staccarlo dal suo supporto. A quel punto non era chiaro se eravamo di fronte a un film comico. Ma il nastro si riavvolge. Si torna indietro e si scopre che la ragazza è al sesto anno di Medicina, le manca un esame ed è finita a Medicina legale non perché sia portata alla materia, tutt'altro, ma perché ammaliata dall'affascinante professor Claudio Conforti (Lino Guanciale) conosciuto in occasione (pensate un po') dell'omicidio della badante della nonna. Un bell'intreccio, dunque. Magari un po' forzato. Che rende però chiaro di essere di fronte a un mix tra fiction comica, giallo, commedia sentimentale e persino analisi sociologica: i pasticci, le distrazioni, il delitto, l'innamoramento, le incertezze e la fragilità di certi giovani. Nasceva perciò il dubbio sul proseguo della scrittura (peraltro tratta dai romanzi di Alessia Gazzola), su come sceneggiatori e regista (Luca Ribuoli) avrebbero portato avanti la storia e i vari filoni. Quando poi si è visto (immaginato da Alice) Guanciale-Conforti versione Dracula le perplessità sono aumentate, anche perché il suo personaggio, come quello della professoressa Boschi, rischiava già la macchietta. Mentre il giallo si risolve nel più classico dei modi: l'assassino non è il principale indiziato. Alla fine di tutto questo resta solo (ad eccezione della nonna) il personaggio di Alice, che finisce per funzionare proprio per la sua indefinitezza: non sa quale sia la sua strada sentimentale (divisa tra il prof e il giovane reporter Arthur), ma nemmeno quella professionale, anche perché le doti da detective vanno ben oltre quelle mediche, anzi: il suo intuito nel risolvere i casi contrasta decisamente con il suo essere goffa e sognatrice. Il bello è che alla Mastronardi riesce tutto piuttosto naturale rendendo simpatico il suo personaggio.