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Zucchero nel vino: la pratica che divide l'Europa e non piace all'Italia

Andrea Zaghi domenica 11 marzo 2018
Zucchero nel vino. Orrore per i vitivinicoltori italiani, pratica accettata per quelli del nord Europa. Questione di stili produttivi ma anche di qualità del prodotto che in questi giorni è tornata alla ribalta delle cronache vinicole a causa delle nuove etichette che l'Europa starebbe per approvare. Questione non da poco, anche perché va di pari passo con l'abitudine, sempre di alcuni Paesi, di vendere pacchetti fai da te per farsi il vino in casa come se fosse una bevanda solubile. Proprio pochi giorni fa a questo proposito è stata scoperta una frode gigantesca a danno del Chianti.
Etichette, dunque. Che i produttori italiani vorrebbero con l'indicazione della presenza o meno di zucchero nel vino. «Smascherare in etichetta l'inganno dell'aggiunta di zucchero al vino che l'Unione europea consente ai Paesi del centro e nord Europa», ha tuonato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, in riferimento alla proposta di nuova etichetta del vino al vaglio del Commissario Ue alla Salute, Vytenis Andriukaitis. Occasione d'oro che va colta al volo. Anche perché il tema dello zucchero nel vino è uno di quelli da dirimere in punta di diritto. L'aggiunta di zucchero è una pratica permessa nell'Ue ma vietata in Italia Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e in alcune aree della Francia. «La mancanza di trasparenza – spiegano i coltivatori – è un danno per i consumatori ma anche per i produttori mediterranei che subiscono una concorrenza sleale». Sulla necessità di chiarezza è anche d'accordo il vasto mondo della cooperazione agricola contro l'organizzazione europea degli agricoltori che domani presenterà una sua proposta di autoregolamentazione del settore che non prevede però l'indicazione della presenza di zucchero. Alleanza della cooperative agricole ha deciso di dissociarsi: «Ai consumatori – ha detto Ruenza Santandrea, responsabile del settore vino delle coop –, va garantita informazione e trasparenza. Se un'azienda fa ricorso al saccarosio, non può non indicarlo».
Questione di verità e di qualità, dunque, sulla quale molti Paesi europei fanno però orecchie da mercante. Che il problema ci sia è verissimo. Basta guardare a cosa è accaduto a danno del Chianti. Il Consorzio Vino Chianti ha scoperto una frode alimentare di portata mondiale, con un giro d'affari di 200 milioni di euro, con 2mila venditori online che spacciano Chianti contraffatto per autentico. In particolare il Consorzio ha individuato 39 etichette di WineKit, cioè di un preparato chimico in polvere per fare il vino in casa. E, nemmeno a farlo apposta, il principali mercato europeo dei kit di vino è il Regno Unito.