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Volponi, rimpianto di un Don Chisciotte della letteratura contemporanea

Alfonso Berardinelli sabato 19 gennaio 2008
Ho aperto quasi per caso un piccolo libro di Massimo Raffaeli su Paolo Volponi, ho cominciato a leggere e non sono riuscito a smettere prima di essere arrivato all'ultima pagina. Cosa cercavo? Forse molte cose che non ho trovato. Una però c'era e non poteva non esserci: si sentiva la presenza di Volponi (o potrei dire di Paolo). Si sentiva l'effetto inconfondibile, energetico che facevano gli incontri con lui, come scrittore e come uomo.
Don Chisciotte e le macchine (Pequod, pagine 93, euro 12) non è una monografia critica e neppure un vero e proprio ritratto. Raffaeli ha raccolto brevi recensioni, interventi a convegni e interviste. La scrittura è un po' provvisoria. Spesso tornano identiche da un pezzo all'altro immagini dal vivo, osservazioni e valutazioni (anzitutto quella su Volponi come autore antitetico sia a Calvino che a Eco). Ma l'insieme di emozioni, idee e percezioni fisiche che Raffaeli ha messo in queste pagine le ritrovo anche in me, che di Volponi sono stato amico e che ho frequentato per una decina d'anni, dal 1980 al 1990. La cosa che alla fine purtroppo ci divise fu l'entusiasmo per Rifondazione Comunista, che lui aveva e io no. Maledetta politica e maledetti partiti, che riescono (o riuscivano) a guastare amicizie fondate su cose non meno (e spesso più) importanti.
Volponi era stato molto vicino a Pasolini. Li univa fraternamente un indomabile, disperato e vitale amore per l'Italia. Ma la loro diversità era altrettanto evidente. Qualunque cosa facesse, Pasolini era un poeta, un critico letterario, un artista senza confini, un intellettuale con i suoi occhiali spessi e la sua voce mite e ricattatoria. Volponi (come ricorda Raffaeli) non sembrava un intellettuale, né uno scrittore. Poteva sembrare un tecnico. Certo non un dirigente industriale né un politico, ruoli che pure ha svolto. Con la sua vitalità prepotente, generosa e sgomenta, Volponi non poteva stare dentro nessun recinto. Era claustrofobo. E claustrofoba, incapace di sopportare costrizioni e compatibilità era (e resta) anche la sua letteratura. Corporale, uscito nel 1974, forse
il suo capolavoro, è uno dei grandi libri degli ultimi cinquant'anni. Non è facile, non lo è stato neppure per i critici, ma deve essere letto.