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Vino, cosa cambierà nel 2012

Andrea Zaghi sabato 26 novembre 2011
È una fiducia a denti stretti quella con cui le imprese italiane del vino guardano al 2012. Anche se il 2011 probabilmente si chiuderà più che bene, i vitivinicoltori dello Stivale si mantengono realisti e guardano ad un possibile calo dei mercati. Complice la congiuntura economica e la corsa compiuta in questi anni dai prezzi del vino. Eppure, il comparto delle etichette nostrane vale ancora più di 270mila ettari di vigneto, oltre 11 milioni di ettolitri esportati per un valore di più di 2 miliardi di euro. Il tutto, pur scontando una concorrenza agguerritissima, che obbliga ad innovare in continuazione e a cambiare strategie. Fiducia e prezzi buoni, quindi, vanno di pari passo con un clima di attenzione e attese al ribasso. Questo, almeno, è ciò che emerge dall'indagine annuale dell'Osservatorio sul vino di Banca Monte Paschi, presentata ieri a Siena con Ismea. La storia degli ultimi due anni e le previsioni per il prossimo sono quasi da manuale. Stando a Mps-Ismea, infatti, nel 2010 le imprese dell'industria del vino hanno registrato un forte recupero dei ricavi, dopo la flessione del 2009, mentre le aziende della fase agricola hanno recuperato solo in parte le perdite registrate nel biennio 2008-2009 in termini di fatturato.
Il 2011, invece, dovrebbe confermarsi un anno favorevole per il comparto vitivinicolo: il calo della produzione italiana e l'aumento della domanda mondiale hanno spinto in alto i prezzi, in particolare con l'inizio della nuova campagna. In crescita, sempre secondo Ismea e l'Osservatorio di Banca Mps, sono anche gli ordinativi e il fatturato (le imprese che si attendono una crescita del fatturato nel 2011 sarebbero circa il triplo di quelle che si attendono un calo). In deciso rialzo anche il mercato delle uve.
Clima e prospettive, come si è detto, cambiano nel 2012. Gli imprenditori del vino si aspettano una «moderazione della domanda» che, detto in altri termini, significherà prezzi in rallentamento e addirittura in flessione nell'ultima parte dell'anno. Anzi, segnali in questo senso sarebbero già stati colti dalle imprese più attente.
E il comparto cerca di attrezzarsi, comunicando di più e con maggiore efficacia e tenendo d'occhio, per esempio, il rapporto prezzi/costi, ma anche l'andamento dei consumi (quelli interni in 30 anni si sono dimezzati e da tempo sono sotto i 40 litri procapite), la capacità commerciale e distributiva, i mutamenti delle leggi di regolazione del mercato. Intanto sta cambiando la composizione dell'export. Stando a Mps-Ismea, per esempio, la necessità di rimanere competitivi ha generato e genera una ricomposizione della qualità offerta a favore di vini da tavola rispetto ai vini a denominazione. Tra il 2003 e il 2010 le esportazioni in valore assoluto dei primi sono cresciute del 77% rispetto ad un +14% dei secondi. Insomma, quello del vino è sempre di più un comparto globale, dove accanto alla «cultura della vigna» devono stare non comuni capacità di analisi finanziaria e dei mercati internazionali.