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Vera e buona scuola per sbloccare l’ascensore sociale

Francesco Delzio sabato 16 settembre 2017
Gli italiani? «Un popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti e di cognati», scriveva Ennio Flaiano in "Diario Notturno" del 1956. C'è un motivo fondamentale se dopo 60 anni, in Italia, siamo ancora mediamente intrappolati nella stessa condizione, dominata dalle tristi logiche della raccomandazione, della cordata, dell'affiliazione per tribù: è il cattivo funzionamento del sistema di formazione.
Nei giorni in cui riaprono le scuole, è giusto ricordare che nelle società contemporanee la scuola dovrebbe essere lo strumento di "welfare" più potente per rimescolare una società immobile, in cui chi nasce povero, povero rimane. Dovrebbe essere in particolare il luogo nel quale affonda le sue radici la giusta valorizzazione del merito. Più studi, più hai possibilità di farti valere. Più alto è il tuo livello di istruzione, più avrai la possibilità di guadagnare e di realizzare, per te e per gli altri.
Peccato che l'Italia sia ancor oggi fanalino di coda nell'area Ocse in quanto a spesa pubblica per la scuola. E che la nostra scuola non riesca a formare ragazzi con competenze adeguate, soprattutto in ambito matematico-scientifico: lo certificano inesorabilmente le principali indagini nazionali e internazionali, dall'Invalsi all'Ocse-Pisa. In Italia un quindicenne su 4 è un quasi analfabeta matematico. E ben due italiani su tre non sono in grado di comprendere ed elaborare informazioni minimamente complesse, trovandosi in difficoltà quando devono leggere una mappa o un libretto d'istruzioni.
Come ha scritto nel suo pamphlet "Scuola di classe" Roberto Contessi, professore di storia e filosofia al liceo Giulio Cesare di Roma, la scuola italiana non funziona più da ascensore sociale, ma da nastro trasportatore. Nel senso che porta tutti o quasi al traguardo del diploma, senza riuscire a colmare le diseguaglianze di partenza. Di fronte a questo "fallimento" della scuola, si sta generando un nuovo classismo di tipo culturale: non più (soltanto) ricchi contro poveri, ma (anche) culturalmente forti contro culturalmente deboli.
Se la scuola non fa bene il suo mestiere, diventa decisivo ed "esclusivo" rispetto al futuro dei figli il ruolo dei genitori. Faranno la loro fortuna se sapranno indirizzarli correttamente – incanalando le loro passioni (o semplicemente le loro illusioni) verso obiettivi di formazione culturalmente validi e capaci di aprire prospettive concrete – e se magari li aiuteranno ad entrare nel mondo del lavoro. Li priveranno di fatto di un futuro migliore, se invece non saranno in grado di svolgere un ruolo culturale "forte" nel momento della scelta formativa e non potranno supportarli nella ricerca dell'occupazione.
Un Paese di nipoti e di cognati non ha un grande futuro. Abbiamo (tremendo) bisogno di una scuola-ascensore che funzioni.
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