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VEDERE IL PADRE

Gianluigi Corti giovedì 26 luglio 2018
Ci sono nel quarto vangelo almeno tre passaggi in cui Gesù si autopresenta come luce. Il primo di essi suona in questo modo: «Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12). Dalla voce del Signore apprendiamo che egli è lontanissimo da un atto di vanità quando si autoproclama luce. Dicendo così di sé stesso egli sottolinea la dimensione ministeriale della sua esistenza. Simile interpretazione è confermata ascoltandolo ancora: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (12,46). Gesù desidera che la sua scelta ministeriale sia permanente: «Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo» (9,5). Quando ascoltiamo Gesù che si presenta come luce non lo dobbiamo immaginare come un sole che dardeggia superbamente in cielo, al contrario la miglior posizione esegetica che Gesù ha tenuto per interpretare tutta la sua vita è lui genuflesso ai piedi dei discepoli per lavarli (13,1-17). Il servizio specifico che vuole farci Gesù è permetterci di vedere il Padre: «Chi vede me vede colui che mi ha mandato» (12,45); «Chi ha visto me ha visto il Padre» (14,9). Essere luce per Gesù significa condividere con noi ciò che è tipicamente suo: «Solo colui che viene da Dio ha visto il Padre» (6,46).