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Una memoria addosso, che batte come un cuore

Marina Corradi giovedì 17 dicembre 2015
Milano, dicembre –. C'è questo buio che si allarga sempre prima, come un mantello che si stende su ogni cosa.Alle cinque già per strada i contorni delle cose sfumano nell'oscurità, mentre come esitanti si accendono i lampioni.Mi è doloroso questo buio, mi sembra che debba durare per sempre. Ma quando l'oscurità è al suo colmo, nei giorni di Natale, nella città si accendono tante luci. "È per farci comprare più roba", dice qualcuno, e sarà anche vero, però io sono grata alle ghirlande delle strade, alle luci che tremano intermittenti nelle vetrine.Perché nel fondo del buio ce ne è bisogno. È necessario un chiarore verso cui convergere, pellegrini. Un bisogno, sotto a questo grande mantello nero, di andare a abbeverarsi a luci anche piccole, ma che infrangono le tenebre del solstizio d'inverno e promettono: non sarà notte per sempre.Anche quella notte doveva esserci un largo, denso buio sulle colline di Betlemme, e solo i fuochi dei pastori, rossi, a rischiararlo e a disegnare ombre incerte attorno agli ovili.Ma, una gran luce, una luce abbagliante, ecco cosa deve essere stato all'inizio il Natale: dalle stelle una stella scesa fra noi, accecante, schiaffo alla lunga notte.E come tenacemente hanno inseguita quella luce i Magi, sulla strada da Oriente, come l'hanno attesa tornare, a ogni tramonto, e come lei è tornata, fedele. Avranno faticato, gli occhi dei pastori, a reggere a quel fulgore, insostenibile quasi per i loro occhi impigriti nel buio. Ma immaginatevi nel vertice della notte quel chiarore, e tutta quella gente che, stranita, si mette in cammino: non sapendo per dove, e perché, ma costretta a levarsi, e a andare. Come un bambino segue la madre, non sapendo dove lei lo porta.E davanti al Figlio appena nato gli uomini dentro quella luce, e alle loro spalle le ombre, ora scolpite, nette.Ha spartito il mondo la stella di Betlemme, in un prima e in un dopo, e per chi lo sa e accoglie quella luce niente è più come prima. Resta la fatica, restano il dolore e la morte. Però ci è promesso che la notte non sarà per sempre, e che le tenebre del fondo dell'inverno cederanno un giorno a una luce eterna, di cui questa stella è primizia.E ancora duemila anni dopo ne resta la memoria, se gli uomini accendono a Natale le luci nelle città e nelle case. Forse non sanno nemmeno perché, ma non importa, è una memoria addosso, muta. Come il battito del cuore materno per i neonati, che non sanno nulla, eppure, abbracciati, in quel battito cominciano a vivere – in quel battito sommesso e fedele, promessa che non sono stati abbandonati.