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«Un posto al sole» e le cassette di verdura

Salvatore Mazza giovedì 18 marzo 2021
«Tieni duro, Salvatore. Sei solo alla puntata 42. Devi arrivare almeno a quelle di Un posto al sole. Un abbraccio». Così mi ha scritto qualche tempo fa Andrea, amico e collega da decenni, commentando su Facebook una delle uscite di questo Slalom, che avevo postato come faccio regolarmente. Al di là dell'augurio, so che non sarà possibile. Un po' per il famoso paradosso di Zenone – il pie' veloce Achille non raggiungerà mai la tartaruga –, un po' perché, se anche fermassero ora la serie tv, per arrivare a quel traguardo non basterebbero un paio di secoli. Sla o non Sla. Parliamo di quasi 5.700 puntate, e la cadenza di Slalom è di circa ventidue uscite l'anno, fatevi un po' voi i conti. D'altra parte quando ho iniziato a tenere questo diario – settembre 2018 – già non avrei mai detto che sarei arrivato fino a oggi. E oggi che sono arrivato fin qui, non ho idea per quanto potrò ancora andare avanti. Se mi guardo indietro da quel settembre mi sembra passata una vita. Rispetto ad allora sto molto peggio, ovviamente, a breve farò la tracheostomia e sarà un nuovo passo in discesa. Dipenderò dal ventilatore polmonare, e non ho idea di come sarà. Una volta, quando ancora stavo bene, pensavo che a me una cosa del genere non mi sarebbe mai successa, e che comunque non l'avrei mai accettata, ed eccomi qui, invece. Il fatto è che le cose sono arrivate un po' per volta, e ciò ha reso tutto un po' più facile, o meglio, "digeribile". Se guardo la mia immagine riflessa in uno specchio un po' mi spavento, e spesso preferisco distogliere lo sguardo. Sempre più spesso, a dire il vero. Soprattutto quella testa ciondolante in avanti, e a destra, è per me terribile da vedere. Da ragazzo, a metà degli anni Settanta, per fare un po' di soldi in fretta avevo trovato un sistema molto, molto efficace: andavo all'alba ai mercati generali, a scaricare e caricare cassette di frutta e verdura. I miei genitori non avrebbero voluto, per cui lo facevo quando ero da solo a Roma. Ogni volta era una faticata mostruosa, ma se la giornata ingranava bene si beccavano un sacco di soldi, almeno, per me erano tanti. Abbastanza per togliermi un po' di sfizi, pagarmi le vacanze, cose così. In compenso, se lavoravo una settimana mi serviva altrettanto tempo per riprendermi, e quando trovai altri modi per guadagnare qualcosa – anche se meno – smisi. Oggi, quando ci ripenso, vorrei essere in grado di rifarlo, nonostante l'età. Ma con la tracheostomia la vedo dura.
(49-Avvenire.it/reubriche/Slalom)