Rubriche

un battello sconquassato

Gianfranco Ravasi giovedì 10 marzo 2005
Io mi concepisco come un uomo che ha cozzato in molti scogli, ha evitato a malapena il naufragio passando in una secca, ma conserva ancora la temerarietà di mettersi in mare con lo stesso battello sconquassato, mantenendo l"intatta ambizione di tentare il giro del mondo nonostante queste disastrose circostanze.Un lettore mi invia per e-mail questa considerazione del filosofo inglese del Settecento David Hume e mi propone già il titolo "Ottimismo sincero" e un commento essenziale: «È una frase semplice ma piena di ottimismo che incoraggia ad andare avanti nonostante tutte le difficoltà della vita». La tesi è, dunque, nitida e diretta; un po" più ardua è la pratica perché, dopo che uno si è scottato, si fa cauto anche con le fiammelle. Io, però, vorrei proporre un"altra riflessione, oltre a quella pertinente del nostro lettore.Lo spunto mi viene offerto da quel ""battello sconquassato"" col quale affrontare di nuovo il mare e i suoi flutti. Da un lato, c"è appunto tutta la grandezza e il fulgore del coraggio, una virtù necessaria per neutralizzare la tentazione dell"inerzia e della viltà. Spesso, infatti, bisogna avere la capacità di osare, sfidando quelle difficoltà che a prima vista sembrano insormontabili. D"altro lato, però, c"è anche l"incoscienza che viene scambiata per ardimento mentre è semplicemente temerarietà e può trascinarti in imprese assurde, scaraventando quel battello sugli scogli per un naufragio definitivo. E allora, prima di ogni decisione, la forza della ragione dev"essere sempre in esercizio, come suggerisce Gesù in un paragrafo del Vangelo di Luca (14, 28-33) che oggi invito a rileggere.