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Un affetto familiare umanissimo non l'ennesima fiction sui due Papi

Guido Mocellin domenica 21 giugno 2020
La notizia, costruita su fonti istituzionali tedesche e su quanto riferito dal direttore della Sala stampa della Santa Sede Matteo Bruni, è scarna: il papa emerito Benedetto XVI è volato in Baviera al capezzale del fratello don Georg Ratzinger, «gravemente malato»; è partito «in fretta» ma avendo prima visto papa Francesco; lo accompagna un piccolo seguito guidato da monsignor Ganswein; l'ha accolto il vescovo di Regensburg, Rudolf Voderholzer; si tratterrà «il tempo necessario»; soggiorna nel seminario locale; l'incontro è «profondamente personale» e deve restare «privato».
Eppure la blogosfera ecclesiale non solo riprende il sobrio post di Alessandro De Carolis su "Vatican News" ( bit.ly/2NejC2n ), ma qua e là si accende. In fondo, questo è un episodio della fiction dei
«due Papi», e allora... C'è chi indugia a sfogliare fotografie che contraddicono la richiesta riservatezza; chi ricapitola una volta di più la natura del rapporto che lega i due Ratzinger, le tappe in cui le loro vite sono state vicine, le circostanze in cui si sono allontanate. E ancora, si formulano facili ipotesi: se Joseph si è mosso, è segno che Georg è morente: dunque «il tempo necessario» sarà quello che consentirà a Benedetto XVI di accompagnare il fratello alla casa del Padre.
Alcuni poi, appoggiandosi a fonti tedesche, si interrogano, chi più chi meno pragmaticamente, sulla possibilità che egli non possa più fare ritorno a Roma. Qualcun altro si spinge a sottolineare il valore simbolico dell'allontanamento dal Vaticano, come se lo statuto di Papa emerito fosse vincolato alla permanenza fisica «nel recinto di Pietro». Al livello patologico si collocano le immancabili dietrologie ostili a papa Francesco e allo stesso Benedetto XVI. La sindrome mediatica dei «due Papi» non risparmia neppure l'affetto familiare, umanissimo, che sta indubitabilmente all'origine del viaggio.