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Tutte le illusioni di democrazia dell'editoria digitale

Cesare Cavalleri mercoledì 2 luglio 2014
Questa volta parliamo di un libro sui libri, che è pur sempre un bell'argomento. Si tratta di Come finisce il libro, di Alessandro Gazoia (Minumum fax, pp. 224, euro 10), che è un documentatissimo e godibilissimo saggio "contro la falsa democrazia dell'editoria digitale". Gazoia crede nelle possibilità progressive delle nuove tecnologie, e lo dice fin dalle prime pagine; «e crede pure nella "rivoluzione" digitale del libro, ma rifiuta di indulgere nella lode trionfalistica di ogni cosa che venga proposta sul mercato come "innovazione"».Gli ebook stanno cambiando il nostro modo di leggere e modificano l'immaginario collettivo, ma questo è solo un aspetto della "rivoluzione". Tutti abbiamo assaporato la facilità di ordinare un libro cartaceo attraverso Amazon, e siamo stati felici di vedercelo recapitare a casa in 48 ore o poco più, in perfette condizioni d'imballo. Ma che cosa c'è dietro tanta comodità? La parola chiave è "disintermediazione": acquistando un libro in internet abbiamo tagliato fuori gli intermediari, cioè la libreria, il distributore e tutta la gestione commerciale del libro; ma c'è di più, con le facilitazioni del KDP (Kindle Direct Publishing) fornite da Amazon, ciascuno può pubblicare (mettere in rete) il proprio libro (romanzo, saggio, o altro ancora) saltando perfino l'editore. Certo, resta il problema di far sapere che il proprio libro è in rete, ma a questo provvede con accortezza Amazon, facendo circolare fra i suoi milioni di clienti il nome dell'autore e il contenuto del libro, talvolta con risultati clamorosi. Fine del libro cartaceo, dunque? Gazoia è prudente, e sostiene che il libro digitale può funzionare soprattutto nei lavori seriali (un certo filone di fantascienza o di porno soft tipo le varie "Sfumature") oppure per scrittori esordienti che usano il web per farsi conoscere per poi ambire al libro di carta. E cita il caso di Roberto Saviano che face conoscere Gomorra attraverso l'ospitalità dello scrittore Tiziano Scarpa nel sito Nazione indiana, per poi approdare, nel 2006, ai milioni di copie mondadoriane. Ma proprio il caso di Saviano dimostra che il libro digitale ha poco a che fare con la letteratura-letteratura.È quasi scomparsa la figura dell'APS (Autore a proprie spese) descritta da Umberto Eco nelle poche pagine divertenti del suo Pendolo di Foucault: adesso l'autore si autoproduce con KDP o con altro analogo sistema, con minori costi e con speranze ravvicinate di successo. In ogni caso, anche per l'invasione del digitale nelle sue varie forme, l'industria editoriale è profondamente cambiata, al punto che, afferma Gazoia, perfino Einaudi pubblica Ligabue in migliaia di copie per potersi poi permettere di stampare i romanzi di Michele Mari, eccellenti ma a circolazione ristretta. Gazoia, poi, analizza la falsa democrazia di Amazon, gigante che conosce tutto dei propri clienti e ha una rendita di posizione che tiene il lettore «in uno stato di euforica minorità, tra alte mura pitturate con colori vivaci, a nascondere la vista di quello che c'è fuori, e coccole aziendali che addormentano il senso critico, a favore del compra-ora-con-un-clic e della condivisione di informazioni».Insomma, anche da questi pochi cenni si dovrebbe capire che Come finisce il libro va letto non solo da chi professionalmente si trova nella filiera dell'editoria e del giornalismo, ma da tutti i lettori di ebook e di libri cartacei, che vanno visti non come alternativi ma semmai come cobelligeranti. E bisogna prendere atto dell'irreversibilità dei tempi della prima BUR, con i suoi libretti grigi che hanno dischiuso inimmaginabili mondi a moltissimi di noi, libretti per i quali il primo direttore Paolo Lecaldano aveva voluto «una veste vecchia perché non invecchiasse e sporca perché son si sporcasse».