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Tutta la spiritualità del Seicento nei canti liturgici di Cataldo Amodei

Andrea Milanesi domenica 16 novembre 2003
«Per capire bisogna conoscere e per conoscere bisogna andare alle fonti; andare alle fonti è bere acqua pura, fresca, genuina, vicino alle vette...». Con questa suggestiva indicazione, il Preposito Provinciale dei Teatini in Italia, padre Vincenzo Cosenza, ha tenuto a battesimo l'iniziativa discografica ed editoriale Musica Theatina, nata con l'intento di portare nuova luce sul repertorio liturgico e devozionale fiorito nel cuore della Congregazione dei Chierici Regolari Teatini. Parole in cui non è forse errato leggere un invito di più ampio respiro, un auspicio che può arrivare anche a riguardare l'approccio tout court nei confronti dell'arte musicale nata in tempi lontani; un patrimonio da avvicinare senza preconcetti o sensi di inferiorità, lasciandosi piacevolmente sorprendere dalla dolce e poetica spiritualità di opere rimaste troppo a lungo senza voce. Come le composizioni di Cataldo Amodei (1649-1693), autore al quale è dedicato il primo dei 13 dischi previsti da questo articolato progetto, promosso dall'Associazione «Le Colonne del Decumano» e dall'Istituto di ricerca «Musicaimmagine»; un artista la cui attività professionale è rimasta principalmente legata alla Chiesa di San Paolo Maggiore in Napoli, il santuario teatino che ha rappresentato uno dei più importanti centri musicali della città partenopea e in cui ancora oggi riposano i resti del Padre fondatore dell'ordine, San Gaetano da Thiene. Nell'interpretazione della Cappella Musicale Theatina diretta da Flavio Colusso, di Amodei sono raccolti in questo cd (pubblicato da Mr Classics e acquistabile attraverso prenotazione al numero tel./fax 06.36004667) i salmi Confitebor tibi Domine e Laetatus sum, oltre alla Pastorale per la novena del Signore, opere riconducibili all'interno del genere del mottetto solistico-corale tanto in voga nell'Italia del tardo XVII secolo. Composizioni accese da una spontanea scintilla di meditazione, che forniscono un piccolo ma significativo contributo nel ridisegnare il profilo artistico e spirituale della Napoli seicentesca; e in questo, nel sottolineare soprattutto la centrale rilevanza del repertorio sacro, troppo spesso oscurato dalla più immediata fortuna tributata ai lavori di carattere profano e operistico.