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TRE COMANDAMENTI

Gianfranco Ravasi giovedì 24 giugno 2004
Non essere complici, non mentire, non restare ciechi. Non importi, non sottoporti, non sovrapporti. E' Maura Del Serra, che insegna letteratura moderna all'università di Firenze, a suggerire queste due "trilogie" folgoranti nella sua bella introduzione alle Poesie (ed. C.R.T. di Pistoia) di quella grande scrittrice "mistica" che è stata l'ebrea francese Simone Weil (1909-1943), una figura tanto coinvolta anche dal cristianesimo. Fermiamoci pacatamente per qualche minuto su queste due frasi, per altro nitidissime. La prima è appunto della Weil e ci riporta al cuore intimo della coscienza. Essa è violata quando si diventa complici del male per interesse, egoismo o quieto vivere. E' umiliata quando si ferisce coscientemente la verità, incamminandosi sulla strada comoda della menzogna. La coscienza, infine, è ottenebrata e incatenata quando si tengono gli occhi chiusi, eppure si dichiara di vedere, come diceva Gesù: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: 'Noi vediamo!'
il vostro peccato rimane» (Giovanni 9, 41). L'altra trilogia di comandamenti è, invece, di un nostro poeta, il romano Arturo Onofri (1885-1928), ed è altrettanto significativa per le scelte della coscienza morale. Si tratta di tre verbi assonanti che sono spesso la "divisa" indossata in politica, nella società, nella stessa vita familiare e talora persino in quella religiosa. L'ansia di "imporsi" fa prevaricare sugli altri. Si giunge, così, al "sovrapporsi", non solo a livello verbale con le sguaiataggini dei confronti-scontri ma anche nelle relazioni personali. O, al contrario, ci si sottopone fino all'umiliazione pur di ottenere vantaggi, sconfessando ogni dignità e rispetto di sé. Oggi è la festa di s. Giovanni Battista, un emblema della coscienza coerente e libera, fedele a entrambe le trilogie che abbiamo proposto.