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Tra dolore e fede l'afflato spirituale degli innovatori Honegger e Poulenc

Andrea Milanesi domenica 10 giugno 2007
Nella Francia dei primi decenni del Novecento si andò affermando un manipolo di valorosi musicisti, passati alla storia come il "Gruppo dei Sei". Riunito intorno alla figura animatrice di Erik Satie, il cenacolo artistico formato da Milhaud, Poulenc, Honegger, Auric, Durey e Tailleferre condivise fondamentali istanze estetiche e individuò comuni percorsi di ricerca; il sestetto ammirava infatti i testi di Cocteau e Apollinaire così come le opere di Picasso e Braque, frequentava i café chantant e i cabaret parigini senza peraltro disdegnare spettacoli circensi e luna park, dimostrando una particolare predilezione per la musica da ballo e per il jazz. La concezione ideale di un'arte veramente "moderna", in aperta rottura con la "noiosa" tradizione sinfonica tedesca e con la raffinatezza armonica dell'impressionismo a quel tempo imperante, si tradusse perlopiù in opere spesso concepite all'insegna di ironia e sarcasmo, vis polemica e sperimentazione, ma anche della satira più dissacrante; si trattò di un'esperienza sicuramente importante e originale, che durò però solo pochi anni e si esaurì spontaneamente in seguito all'insorgere di posizioni divergenti e alla necessità di dare voce a quelle intime esigenze espressive che muovevano le singole personalità del Gruppo. L'incisione discografica realizzata dalla prestigiosa Royal Concertgebouw Orchestra e dal suo direttore stabile Mariss Jansons (Sacd pubblicato da RCO Live e distribuito da Sound and Music) si concentra su due pagine "tarde" e poco frequentate di Arthur Honegger (1892-1955) e Francis Poulenc (1899-1963), esponenti di rilievo dei "Sei" e compositori della cui personalità artistica, se è generalmente più conosciuto il versante "mondano", val bene la pena scoprire quello di ispirazione religiosa, forse il più vero. Con sorpresa e ammirazione ci avviciniamo così alla Sinfonia n. 3 "Liturgica" di Honegger, scritta all'indomani della conclusione della Seconda Guerra mondiale e articolata in tre movimenti emblematicamente intitolati "Dies irae", "De profundis clamavi" e "Dona nobis pacem", ma soprattutto all'affascinante Gloria per soprano, coro e orchestra di Poulenc, splendido esempio di trasparente scrittura vocale e radiosa testimonianza di autentica fede.