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Storia di un vignaiolo condannato per aver ripulito i suoi filari dagli arbusti

Paolo Massobrio mercoledì 19 luglio 2017
La vicenda di un vignaiolo dell'Isola del Giglio che ha ripulito il suo vigneto da arbusti ed eriche ed è stato condannato a pena pecuniaria (5 mila euro) e detenzione (11 giorni) ha fatto il giro del mondo... e dei bar. E ha issato un coro di proteste e di vergogna. Io stesso mi sono vergognato di un Paese che continua a dare prova di severità coi deboli, ancor più dopo aver conosciuto Francesco Carfagna, vignaiolo in località Altura, che fa un Ansonaco straordinario, già citato dal Bacci nella Storia naturale dei vini del 1595.
Quando cinque anni fa lo andai a trovare al Giglio, col relitto della Concordia ancora davanti al porto, Francesco aveva il problema dei mufloni che insidiavano i vigneti terrazzati. Li aveva portati sull'isola un tizio, che poi li ha abbandonati lasciandoli proliferare. E naturalmente ora bisogna anche proteggerli. Non so se quel signore dei mufloni sia stato sanzionato, so solo che i danni ai vigneti eroici ci sono stati, e forse anche tante alzate di spalle. Ora si aggiunge la beffa, perché un vignaiolo che si comporta come il buon padre di famiglia e ripulisce la sua vigna da mirti e lentischi venuti su grazie all'abbandono in mezzo ai rovi, viene punito in maniera esemplare (?). E scopri che per la legge un terreno abbandonato per 15 anni viene equiparato al bosco, per cui le autorizzazioni per toccare un filo d'erba cambiano. Francesco non avrà chiesto le autorizzazioni necessarie, ma la sanzione che ha ricevuto è sproporzionata, assurda, figlia di una burocrazia che appena può affermare che esiste (cioè lavora) lo fa con solerzia... mentre i boschi di mezza Italia vanno a fuoco e non si sa perché. Paradossalmente sarebbe rientrato più nella norma un incendio che partiva da quei rovi e faceva scattare un'emergenza, piuttosto che l'ordinaria cura del proprio territorio del contadino saggio. Sai quanti, dopo, possono dimostrare che il posto di lavoro vale? Ma il lavoro di un signore che salva i terrazzamenti, che crea occupazione ed economia non vale? O meglio, a leggere le lettere che ha ricevuto il signor Carfagna da onorevoli e pubblici ufficiali ci sono solo complimenti, a parole (non costano nulla). L'Unesco ha inserito i territori terrazzati fra i patrimoni dell'Unesco; tutti auspicano il recupero ma poi lo impediscono. Per poche decine di metri quadrati di terreno accudito all'Isola del Giglio dove, se chiedi l'autorizzazione per zappare un orto devi aspettare mesi (il burocrate distratto e in ritardo, però, non lo sanziona mai nessuno), uno va in galera. Non ci sono parole per commentare un fatto che parla da solo. Però una parola il ministro Martina o chi per esso la dovrebbe dire. Tanto per sapere da che parte sta: con il buon senso, oppure con l'accanimento che ricorda il truce "colpirne uno per educarne cento"? Ma in questo modo chi si educa davvero?