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Staffetta di speranza tra Bruxelles e Firenze

Gianfranco Marcelli martedì 22 febbraio 2022
Venerdì scorso si è chiuso a Bruxelles l'atteso – e contrastato - vertice fra l'Unione europea e l'Unione africana, con la presenza di circa 70 capi di governo e di istituzioni sovranazionali. Ad appena un centinaio d'ore di distanza, i due principali continenti che si affacciano sul Mediterraneo si ritrovano da domani a Firenze, in un contesto diverso e, apparentemente, di minore rilievo: l'incontro tra 60 vescovi cristiani per dare vita a una "frontiera di pace", promosso dalla Conferenza episcopale italiana, in parallelo con una conferenza di 60 sindaci di città rivierasche, proposta dal primo cittadino del capoluogo toscano. In entrambi i casi con la partecipazione anche di rappresentanti dei Paesi asiatici. Il "formato" dei due appuntamenti può effettivamente sembrare imparagonabile. Da una parte i dirigenti politici più importanti delle due aree geografiche, in grado di assumere impegni e prendere decisioni a forte impatto su nazioni e popoli interessati; dall'altro esponenti religiosi e primi cittadini, anche di alto rango e di antica tradizione, ma non in grado di imporre scelte o mobilitare risorse economiche significative. Eppure il doppio forum che si inaugura domani e giovedì a Palazzo Vecchio può dare un contributo rilevante alla prosecuzione del difficile dialogo tra le due sponde. Europa ed Africa si guardano e si parlano da secoli, più o meno amichevolmente, attraverso il Mediterraneo. L'intero sud del Vecchio Continente avrebbe interesse a coinvolgere i Paesi partner della Ue in un rapporto di fiducia reciproca con l'Africa, cancellando per sempre i residui del passato coloniale. Ma anche alla fascia settentrionale di quello che Papa Benedetto ha definito il nuovo "Continente della speranza" (Paolo VI lo aveva detto 40 anni prima del Sudamerica) conviene convincere i loro più giovani associati dell'Unione africana che un'alleanza con gli europei è indispensabile.
Fare dei popoli mediterranei, delle loro comunità religiose e cittadine, un'avanguardia di pace tra civiltà troppo a lungo contrapposte e sempre a rischio di nuovi conflitti: questo l'obiettivo degli appuntamenti fiorentini, nel solco del sogno lapiriano di un nuovo grande "Lago di Tiberiade". Per aiutare a trasformarlo in realtà, sia pure a passi lenti e con realismo, è importante che si moltiplichino le occasioni di confronto, anche sui terreni della fede, del pensiero e delle tradizioni municipali.
I giudizi sul mega-vertice della settimana scorsa tra le due Unioni continentali suonano giustamente critici. I governanti africani, i più delusi, si aspettavano risultati più consistenti, specie sui vaccini contro la pandemia, per i quali si chiedeva la sospensione dei brevetti. L'Europa ha detto ancora no, offrendo solo la possibilità di produrli in sei dei 50 Paesi africani. Su clima ed energia poco o nulla, sulle migrazioni soltanto cenni generici. "Diplomacy as usual" (diplomazia come al solito), commenta chi la sa lunga. Di essa la gente comune neppure si accorge. Potrebbe invece rivolgere più attenzione a momenti di confronto ravvicinato come quello dei prossimi giorni, se opportunamente pubblicizzati sui grandi mezzi di comunicazione.
Tra gli appuntamenti di Bruxelles e di Firenze, in teoria così diversi e lontani quanto a spessore geopolitico e regole di funzionamento, potrebbe dunque attivarsi una ideale staffetta della speranza: affievolita nella capitale belga, possa almeno un po' ravvivarsi sulle rive dell'Arno.